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Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (1943 -1992)


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Coordinate: 42°47′N 19°28′E / 42.783333°N 19.466667°E42.783333; 19.466667

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Jugoslavia
Jugoslavia – Bandiera Jugoslavia - Stemma
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Motto: Bratstvo i Jedinstvo (Fratellanza e Unità)
Jugoslavia - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome completo Repubblica Socialista Federale Jugoslava
Nome ufficiale Социјалистичка федеративна република Југославија
Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija
Lingue parlate Serbocroato, sloveno e macedone
Inno Hej Slaveni
Capitale Small Coat of Arms Belgrade.svg Belgrado
Dipendenze Flag of SFR Yugoslavia.svg Territorio libero di Trieste (zona B)
Politica
Forma di governo Repubblica socialista federale
Presidente Maresciallo Tito a vita poi Presidenza collettiva
Organi deliberativi Assemblea federale
Nascita 29 novembre 1945 con Josip Broz Tito
Causa Seconda guerra mondiale
Fine 27 aprile 1992 con Stjepan Mesić
Causa Guerra civile jugoslava
Territorio e popolazione
Bacino geografico Balcani
Massima estensione 255.804 km² nel 1947-1991
Popolazione 23.724.919 nel 1991
Economia
Valuta Dinaro jugoslavo fino al 1965
Dinaro jugoslavo pesante
Commerci con COMECON
Varie
Prefisso tel. 0038
Sigla autom. YU
Religione e società
Religioni preminenti Ortodossia, cattolicesimo, islam
Classi sociali Operai, contadini
Jugoslavia - Mappa
Evoluzione storica
Preceduto da Jugoslavia Jugoslavia
Succeduto da Slovenia Slovenia
Croazia Croazia
Bosnia ed Erzegovina Bosnia ed Erzegovina
Macedonia Macedonia
Jugoslavia Jugoslavia

La Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija, SFRJ) fu la forma istituzionale assunta dalla Jugoslavia dal 1944 al 1992, anno della sua dissoluzione a seguito delle guerre dei Balcani; in ambito locale ci si riferisce anche come "Druga Jugoslavija" ("Seconda Jugoslavia") o anche "Bivša Jugoslavija" ("Ex-Jugoslavia"). Confinava a nord con l'Austria e l'Ungheria, a est con la Romania e la Bulgaria, a sud con l'Albania e la Grecia e ad ovest con lItalia e il mar Adriatico. Durante la Guerra fredda fu un importante membro dei paesi non allineati.

La Repubblica venne per la prima volta proclamata in clandestinità il 29 novembre 1943 come risultato della seconda riunione dell'AVNOJ, Consiglio Antifascista di Liberazione Popolare della Jugoslavia, tenutasi a Jajce in Bosnia-Erzegovina, in piena Seconda guerra mondiale. Le pressioni degli Alleati portarono nel 1944 all'Accordo Tito-Šubašić con le autorità in esilio del vecchio Regno di Jugoslavia, sulla base del quale ogni decisione sulla forma di Stato venne sospesa coniando il nome transitorio e neutro di Democrazia Federale di Jugoslavia (Demokratska Federativna Jugoslavija) col quale le autorità titine si insediarono nella Belgrado appena liberata dall'Armata Rossa.

Appena terminata la guerra nel 1945, vennero indette sbrigative elezioni pesantemente influenzate dall'effettivo potere comunista sul paese, tanto che l'Assemblea costituente riproclamò la repubblica significativamente nello stesso giorno di due anni prima, il 29 novembre, e lo Stato cambiò nome in Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia (Federativna Narodna Republika Jugoslavija, FNRJ), mentre fu nel 1963 che si arrivò al nome definitivo, in corrispondenza della riscrittura della Costituzione in senso presidenzialista ed esplicitamente socialista.

Il suo primo Capo di stato fu Ivan Ribar mentre il Maresciallo Tito divenne Primo Ministro. Nel 1953 Tito venne eletto presidente, carica che divenne a vita nel 1974. Tito morirà il 4 maggio del 1980. Con la sua morte iniziarono a riemergere i nazionalismi, che erano stati precedentemente tenuti a bada mediante una rigorosa politica di equilibrio fra i poteri attribuiti ai popoli di Jugoslavia, nonché con la repressione. Dopo che quattro delle sei Repubbliche Socialiste dichiararono l'indipendenza tra il 1991 e il 1992, la Federazione si dissolse e il 27 aprile 1992 nacque la Repubblica Federale di Jugoslavia, formata dalle due restanti repubbliche della Serbia e del Montenegro. Nel 2006, infine, la Serbia e il Montenegro si sono separati ed attualmente sono due Stati del tutto indipendenti. Nel 2008 è, inoltre, avvenuta una dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte di una provincia autonoma della Serbia, il Kosovo, sul cui riconoscimento vi è dissenso internazionale.

L'ultimo Primo Ministro della RSFJ fu Ante Marković, di nazionalità croata come il Presidente Stjepe Mesić, che rimase in carica fino al dicembre 1991, giusto in tempo per vedere lo Stato jugoslavo dissolversi, nonostante egli avesse cercato di attuare, invano, una politica che frenasse le secessioni.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nella Jugoslavia (Jugoslavija, Terra degli Slavi del sud, Југославија) antica si parlavano varie lingue: il serbo-croato (includendo con questa denominazione la lingua parlata in Croazia, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro), lo sloveno, il macedone (lingua resa ufficiale nel 1945), l'ungherese (maggioritaria in gran parte della Voivodina e lungo le zone di confine con l'Ungheria di Serbia, Croazia e Slovenia), l'albanese nel Kosovo, l'italiano o il veneto (Istria, Fiume, Dalmazia), oltre ad altri dialetti albanesi, turchi, slovacchi, rumeni (Istrorumeno).

La storia della Croazia si legherà quindi a quella della Jugoslavia. Un'unione difficile fin dall'inizio viste le diverse realtà storiche, culturali e religiose di ogni singolo Stato federale. La Slovenia e la Croazia avevano per lungo tempo subìto la dominazione austro-ungarica e con essa facevano parte della cultura occidentale cristiano-cattolica quindi usavano l'alfabeto latino. La Serbia, Montenegro e Macedonia invece avevano subìto fin dopo il 1389, a séguito della disfatta di Kosovo polje contro i turchi, la dominazione turca e appartenevano all'area orientale cristiano-ortodossa quindi usavano l'alfabeto cirillico. La Bosnia aveva una situazione ancora più complessa: aveva subìto varie dominazioni che avevano fatto sì che all'interno di questo Stato si ritrovassero serbi (ortodossi), croati (cattolici), bosniaci (musulmani) e una piccola comunità ebraica sefardita, reduce di quegli ebrei che dopo la reconquista spagnola dovettero abbandonare la Spagna e trovarono rifugio solo in Bosnia. In questa repubblica quindi trovavano posto almeno quattro religioni (cattolica, ortodossa, musulmana ed ebraica) e quattro alfabeti (latino, cirillico, arabo ed ebraico). Lo Stato non fece parte del Patto di Varsavia e attuò una forma particolare di socialismo.

1950: legge sull' autogestione.
1954: Gilas, uno dei quattro dirigenti del paese, viene arrestato per aver scritto una serie di articoli durissimi contro i dirigenti jugoslavi.
1956: prima riunione dei non allineati Tito- Nehru- Nasser a Brioni, residenza preferita di Tito.
1968: primi moti nel Kosovo, dove la maggioranza della popolazione (circa il 70% degli abitanti all'inizio degli anni '70) era di etnia albanese, in larga parte di fede musulmana, e rivendicava la concessione di maggiori poteri e autonomia dal governo di Belgrado, non considerando sufficienti gli statuti concessi nel 1963.
1971: " primavera croata", che si lega ai movimenti studenteschi del '68 ma con caratteri più nazionalistici.
1974: nuova costituzione, si rafforza il federalismo, potenziati e allargati i diritti degli Albanesi in Kosovo.
1980: morte di Tito.
1981: ancora moti nel Kosovo, volti ad ampliare ulteriormente gli statuti di autonomia già concessi nel 1974.
1989: formazione del governo federale Marković; moti e scioperi in Kosovo; formazione in Croazia dell'"HDZ", Hrvatska Demokratska Zajednica, comunità democratica croata, guidata da Franjo Tuđman anche se di fatto il pluripartitismo era ancora vietato.

Repubbliche socialiste e province autonome[modifica | modifica wikitesto]

Internamente lo Stato era diviso in sei repubbliche socialiste e due province autonome che facevano parte della Repubblica Socialista di Serbia. La capitale federale era Belgrado.

Con la costituzione del 1974, in seguito alle tensioni interne, dovute al nazionalismo dei croati e alle tendenze liberali dei serbi si prevede il diritto per i popoli costitutivi (identificati da alcuni giuristi con le Repubbliche) di staccarsi dalla Federazione. Tale diritto non era previsto per le minoranze (e di conseguenza per le province autonome).

Nome
Capitale
Bandiera
Stemma
1. Bosnia ed Erzegovina Sarajevo
Flag of SR Bosnia and Herzegovina.svg
Coat of Arms of the Socialist Republic of Bosnia and Herzegovina.svg
2. Croazia Zagabria
Flag of SR Croatia.svg
Coat of Arms of the Socialist Republic of Croatia.svg
3. Macedonia Skopje
Flag of the SR Macedonia.svg
Coat of arms of Macedonia (1946-2009).svg
4. Montenegro Titograd*
Flag of SR Montenegro.svg
Coat of Arms of the Socialist Republic of Montenegro.svg
5. Serbia**
5a. Kosovo
5b. Vojvodina
Belgrado
Pristina
Novi Sad
Flag of SR Serbia.svg
Coat of Arms of the Socialist Republic of Serbia.svg
6. Slovenia Lubiana
Flag of SR Slovenia.svg
Coat of Arms of the Socialist Republic of Slovenia.svg

* Dopo la fine della SFRJ tornò a chiamarsi Podgorica.
** La Serbia includeva le provincie autonome della Vojvodina e di Kosovo e Metochia

I documenti della fondazione[modifica | modifica wikitesto]

Dissoluzione[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre jugoslave.

Il 25 giugno 1991 dichiararono l'indipendenza la Slovenia, guidata dal leader del Partito Comunista Sloveno Milan Kučan, e la Croazia, guidata dal segretario dell'HDZ Franjo Tudjman, seguite dopo pochi mesi (l'8 settembre 1991) dalla Macedonia.

Il 5 aprile 1992 il Presidente bosniaco Izetbegović, appoggiato da parte della comunità internazionale, proclamò l'indipendenza della Bosnia ed Erzegovina a seguito di un referendum incostituzionale boicottato dalla popolazione serba e dopo aver ignorato a gennaio l'obbligo di cedere la presidenza al leader serbo (nella Repubblica Socialista Federata di Bosnia ed Erzegovina era istituita la presidenza a turno). A quel punto le due Repubbliche Socialiste rimaste, la Serbia e il Montenegro, diedero vita il 27 aprile alla Repubblica Federale di Jugoslavia, mettendo fine all'esperienza socialista.

La Slovenia e la Croazia si sono riconosciute reciprocamente il 26 giugno 1991. Nonostante l'invito dei capi di Stato della CEE a non procedere ad un riconoscimento separato, la Lituania (30 luglio 1991), l'Ucraina (11 dicembre 1991)[1] e la Lettonia (14 dicembre 1991)[2] riconoscono la Croazia. L'Islanda (per voce del suo ministro degli esteri Jón Baldvin Hannibalsson), l'Estonia (31 dicembre 1991)[2] e quindi la Città del Vaticano, l'Austria e la Germania procedono ad un riconoscimento unilaterale dei due nuovi stati. Nel 1992 arriveranno i riconoscimenti della gran parte degli altri paesi del mondo.

La dissoluzione della Jugoslavia sfocerà nelle guerre jugoslave che porteranno alla morte di 250.000 persone e alla pulizia etnica nel paese con centinaia di migliaia di persone cacciate dalle proprie terre.

Popolazione[modifica | modifica wikitesto]

Mappa etnica della Jugoslavia nel 1991

Il territorio jugoslavo era caratterizzato da una grandissima composizione etnica, dopo la guerra, il governo comunista riconobbe nazioni e nazionalità, le prime erano popoli di origine slava le seconde di origine non-slava. In base alle nazioni la repubblica venne divisa in repubbliche federali.

Sicurezza[modifica | modifica wikitesto]

La tutela della pubblica sicurezza e dell'ordine pubblico erano affidati alla polizia federale che prendeva il nome di milicija.

Le attività di controspionaggio e di repressione del dissenso erano svolte dalla Amministrazione per la sicurezza o di stato, molto più conosciuta con l'acronimo di UDBA, divenuta famosa per i molti omicidi e sequestri di persona compiuti.

Difesa[modifica | modifica wikitesto]

La particolare posizione sia geografica che politica della Jugoslavia spinse Tito a sviluppare fortemente le forze armate. La Jugoslavia era uno degli ultimi paesi della Cortina di Ferro, confinava con l'Italia che faceva parte della NATO. Allo stesso tempo non era ben vista dalla Unione Sovietica perché non faceva parte del Patto di Varsavia e mantenne sempre una politica distaccata dai vertici di Mosca. Nel 1968 quando le truppe sovietiche invasero Praga la tensione crebbe enormemente, si pensava che anche la Jugoslavia potesse essere invasa dai sovietici, così da piegarla al volere di Mosca.

In questo modo le forze armate della Jugoslavia divennero tra le più potenti d'Europa e del mondo, partecipando a diverse missioni internazionali per l'ONU.

Le forze armate jugoslave erano riunite nella Armata Popolare di Jugoslavia che si divideva in tre corpi:

Esisteva anche un quarto corpo chiamato Difesa Territoriale, questi era una specie di milizia privata che rispondeva soprattutto alla propria repubblica federale di appartenenza. Nata nel 1968 il suo compito era quello di difendere la repubblica federale di appartenenza da attacchi esterni con tattiche di guerriglia, ereditate dal movimento di resistenza partigiana.

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Letteratura[modifica | modifica wikitesto]

La letteratura delle lingue della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia conobbe un periodo florido caratterizzato da grandi scrittori quali Danilo Kiš, Abdulah Sidran e Izet Sarajilić. Fondamentali sono i contributi alla letteratura europea del croato Miroslav Krleža e del serbo Ivo Andrić, insignito del Nobel per la letteratura.

Musica[modifica | modifica wikitesto]

Dal punto di vista musicale la Jugoslavia rappresenta un caso interessante poiché, a differenza dei paesi della Cortina di ferro, limitati nell'espressività artistica dalle restrizioni sovietiche, fu l'unico paese a subire le influenze del rock; a partire dagli anni 60' si svilupparono diversi gruppi rock dando vita al cosiddetto rock jugoslavo, apprezzato anche in occidente. Tra i gruppi più famosi si ricordano: Yu grupa, OKO, Zabranjeno Pušenje.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vjesnik Boris Tarasjuk: Ukrajina ne vodi ni proistočnu ni prozapadnu politiku, 29. veljače 2000.
    "Kad je 11. prosinca 1991. godine, kao prva članica Ujedinjenih naroda, Ukrajina priznala Hrvatsku..."
  2. ^ a b Vjesnik Island nije prvi priznao hrvatsku neovisnost, 27. prosinca 2001.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • S. Bianchini, La questione jugoslava, Giunti, Firenze 1996
  • J. Krulic, Storia della Jugoslavia, Bompiani, Milano 1997
  • J. Pirjevec Il giorno di San Vito. Jugoslavia 1918-1992. Storia di una tragedia, ERI, Roma 1993
  • Sandro e Alessandro Damiani: "Jugoslavia: genesi di una mattanza annunciata", prefazione di Franco Cardini. Cooperativa Settegiorni editore, Pistoia, 1993.
  • A. Floramo, recensione di R. Petrović, Il fallito modello federale della ex Jugoslavia, «eSamizdat», 2006, IV, pp. 11–16
  • Zlata Filipović, [Il diario di Zlata], Rizzoli, Milano 1999

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]