Stati/Paesi -> Impero bizantino (330-1453)      



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Impero romano d'Oriente
Impero romano d'Oriente – Bandiera Impero romano d'Oriente - Stemma
(dettagli) (dettagli)
Motto: "Вασιλεύς Βασιλέων Βασιλεύων Βασιλευόντων"

(Basiléus Basiléon, Basiléuon Basileuònton)"
"Re dei Re, Regnante dei Regnanti"
(Sotto i Paleologi, 1259-1453)

Impero romano d'Oriente - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome completo Impero romano
Nome ufficiale Βασιλεία Ῥωμαίων
Imperium Romanum
Lingue parlate ufficiali: latino e greco dal 395 d.C fino al 476 d.C circa; lingue ufficiali successive: copto, siriaco, ebraico, armeno.
Capitale Costantinopoli
Altre capitali Siracusa dal 663 al 669
Nicea dal 1204 al 1261
Dipendente da Impero latino di Costantinopoli (stato crociato fondato dalla Repubblica di Venezia) (1204-1261); Impero ottomano dal 1372 al 1402 e dal 1424 al 1453
Politica
Forma di governo dominato/autocrazia (forma di monarchia assoluta teocratica)
Imperator/Autocrator Caesar Augustus
Aυτοκράτωρ Kαîσαρ Aΰγουστος
-
Basileus ton romaion
Bασιλεύς τῶν Ῥωμαίων
Imperatori bizantini
Organi deliberativi fino al 1204 senato di Costantinopoli (solo cerimoniale)
Nascita 395 con Arcadio
Causa Suddivisione dell'impero alla morte di Teodosio I
Fine 1453 con Costantino XI Paleologo
Causa Caduta di Costantinopoli
Territorio e popolazione
Bacino geografico Mediterraneo orientale, Balcani, Anatolia
Territorio originale Impero Romano
Massima estensione Spagna del sud, Baleari, Algeria orientale (parte costiera), Tunisia, Libia (costiera), Egitto, Israele, Libano, Siria (parte), Giordania (parte), Asia minore, Georgia (parte), Cipro, Balcani, Cherson, Illiria, Italia, Sicilia, Sardegna e Corsica. nel VI secolo sotto Giustiniano I
Popolazione 30.000.000 (parte orientale dell'Impero, senza le province occidentali riconquistate da Giustiniano)[1] nel VI secolo
Suddivisione Temi (dal VII secolo)
Economia
Valuta solidus hyperpyron
Risorse oro e marmo
Produzioni tessuti (pregiati), sete e olive
Religione e società
Religioni preminenti Cristianesimo
Religione di Stato Cristianesimo sino al luglio 1054, poi cristianesimo ortodosso
Religioni minoritarie paganesimo, monofisismo, cattolicesimo, ebraismo
Evoluzione storica
Preceduto da Vexilloid of the Roman Empire.svg Impero romano
Succeduto da Flag of the Ottoman Empire (1453-1517).svg Impero ottomano
Flag of Most Serene Republic of Venice.svg Repubblica di Venezia
Flag of Palaeologus Emperor.svg Despotato di Morea
Komnenos-Trebizond-Arms.svgImpero di Trebisonda
Fatimid flag.svg Emirato di Sicilia

Impero bizantino è il nome con cui gli studiosi moderni e contemporanei indicano l'Impero romano d'Oriente (termine che iniziò a diffondersi durante il regno dell'imperatore Valente), di cultura prevalentemente greca, separatosi dalla parte occidentale, di cultura quasi esclusivamente latina, dopo la morte di Teodosio I nel 395. Non c'è accordo fra gli storici sulla data in cui si dovrebbe cessare di utilizzare il termine "romano" per sostituirlo con il termine "bizantino", anche perché entrambe le definizioni sono utilizzate da molti di costoro, spesso indistintamente, per designare il mondo romano-orientale fino almeno al VII secolo. Le diverse impostazioni storiografiche condizionano anche la diversità di opinioni nella determinazione della datazione: taluni lo fanno coincidere con il 395 (separazione definitiva dei due imperi) ma si è anche proposto il 476 (fine dell'Impero Romano d'Occidente), il 330 (anno di inaugurazione della Nova Roma o Νέα Ῥώμη, fondata da Costantino I, copia fedele e nostalgica della prima Roma), il 565 (morte di Giustiniano I, ultimo imperatore di madrelingua latina e del suo sogno della Restauratio imperii). Alcuni storici prolungano il periodo propriamente "romano" fino al 610, anno dell'ascesa al trono di Eraclio I il quale modificò notevolmente la struttura dell'Impero.

Resta comunque il fatto che per gli imperatori bizantini e per i propri sudditi il loro impero si identificò sempre con quello di Augusto e Costantino I dal momento che "romano" e "greco" fino al XVIII secolo furono per essi sinonimi.

L'impero, dopo una lunga crisi, la sua distruzione da parte dei crociati nel 1204 e la sua restaurazione nel 1261, cessò definitivamente di esistere nel 1453 (conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi ottomani guidati da Maometto II).

Denominazioni moderna e antica[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Denominazioni dei Greci.

Il termine "bizantino", derivato da Bisanzio, l'antico nome della capitale imperiale Costantinopoli, non venne mai utilizzato durante tutta la durata dell'impero (395-1453): i bizantini si consideravano Ῥωμαίοι (Rhōmaioi, "romei", ovvero Greco-Romani in lingua greca), e chiamavano il loro Stato Βασιλεία Ῥωμαίων (Basileia Rhōmaiōn, cioè "Regno dei Romani") o semplicemente Ῥωμανία (Rhōmania).

Fino al regno di Giustiniano I, nel VI secolo, si tentò ripetutamente di ricostituire l'antica unità dell'impero romano, sottraendo i territori occidentali ai successivi conquistatori. Il greco fu la lingua di cultura e d'uso, com'era stata da sempre nelle province orientali dell'impero romano. Il latino, piuttosto diffuso presso le classi alte di Costantinopoli fino almeno ad età marcianea (450-457), rimase comunque lingua ufficiale dell'Impero d'Oriente per oltre due secoli (Eraclio lo sostituì con il greco nel terzo decennio del VII secolo). Curiosamente, per lungo tempo fu considerato disdicevole riferirsi all'impero come "greco", poiché tale termine aveva l'accezione spregiativa di pagano.

Gli storici moderni occidentali preferiscono tuttavia utilizzare il termine "bizantino", al fine di non generare confusione con l'impero romano dell'epoca classica; questa dicitura fu introdotta nel 1557 dallo storico tedesco Hieronymus Wolf che in quell'anno diede alle stampe il libro Corpus Historiae By­zantinae. La pubblicazione nel 1648 di Byzantine du Louvre (Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae) e nel 1680 di Historia Byzantina, scritta da Du Cange, diffuse l'uso del termine "bizantino" tra gli autori francesi illuministi come Montesquieu.[2]

È interessante quindi notare che i bizantini chiamavano se stessi "romani" anche se di lingua greca, e che gli stessi musulmani conquistandone i territori fondarono il sultanato di "Rum", mentre gli europei occidentali venivano definiti "latini" (dalla lingua usata). Per corruzione dall'arabo روم Rūm (attraverso le modifiche in Hrūm e quindi in sogdiano, una variante dell'iranico parlata in Sogdiana, Frōm) derivò il termine cinese Fulin (pinyin: 拂菻国, Fúlĭn Gúo, "Paese di Fulin"). Con questo termine, sebbene con varianti grafiche come 拂菻 e 拂临, le storie dinastiche cinesi definirono l'impero bizantino dal tempo degli annali della dinastia Wei, scritti dal 551 al 554, fino agli annali della dinastia Tang scritti nel 945.

Prima dell'introduzione del termine "bizantino", l'Impero veniva chiamato dagli europei occidentali Imperium Graecorum (Impero dei Greci). Gli europei occidentali consideravano il Sacro Romano Impero, e non l'Impero bizantino, erede dell'Impero romano; quando i re di Occidente volevano fare uso del termine Romano per riferirsi agli imperatori bizantini, preferivano chiamarlo Imperator Romaniæ invece di Imperator Romanorum, un titolo che veniva attribuito a Carlo Magno e ai suoi successori.[3]

Tuttavia, prima della nascita dell'Impero carolingio ad opera di Carlo Magno, anche le fonti occidentali usavano il termine "romani" per riferirsi ai Bizantini, anche se talvolta veniva utilizzato il termine "greco" a causa delle differenze linguistiche.[4] Nelle fonti papali del VI-VII-VIII secolo l'Impero era definito Sancta Res Publica o Res Publica Romanorum: solo con la rottura dei rapporti tra Papa e Imperatore d'Oriente in seguito all'Iconoclasmo (metà VIII secolo) coloro che venivano fino a poco tempo prima definiti "Romani" divennero per la Chiesa di Roma "Greci" e la "Res Publica Romanorum" si trasformò in "Imperium Graecorum".[5]

Cronologia essenziale
Byzantine Empire animated.gif

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

La suddivisione dell'Impero romano in parti governate separatamente, iniziò con il sistema tetrarchico, creato alla fine del III secolo dall'imperatore Diocleziano, che divise l'impero in quattro parti, due delle quali affidate ai Cesari Galerio e Costanzo Cloro e le altre due affidate agli Augusti, Diocleziano e Massimiano. Tale prima suddivisione ebbe tuttavia finalità esclusivamente burocratiche, amministrative, o legate a una più razionale difesa delle frontiere. La tetrarchia ebbe termine quando nel 324 Costantino, figlio di Costanzo Cloro, riunificò nuovamente la carica imperiale nelle sue mani, dopo essere riuscito a sconfiggere Licinio presso Crisopoli.

Il problema di assicurare la difesa dei confini rendeva tuttavia indispensabile che la corte imperiale si stabilisse in luoghi più vicini ad essi: a causa della sua posizione strategica, Costantino scelse l'antica città greca di Bisanzio per edificare una nuova capitale, la cui costruzione fu completata nel 330. La scelta del luogo fu particolarmente felice anche dal punto di vista commerciale, in quanto Bisanzio controllava il flusso di merci dal Mar Nero. Sul piano più strettamente strategico-militare la città era difesa da tre lati dal mare, sempre via mare era facile rifornirla e, dal lato di terra, fu possibile erigere un imponente sistema di fortificazioni che protesse la città fino alla conquista durante la IV Crociata.

Il nome ufficiale fu quello di "Nuova Roma", ma nell'uso successivo prevalse la denominazione popolare di Costantinopoli ("Città di Costantino"). Con l'editto di Milano del 313, che concedeva la libertà di culto ai cristiani, ed il forte appoggio dato da Costantino stesso alla nuova religione, l'Impero si trasformò rapidamente da pagano a cristiano; la stessa Costantinopoli fu subito abbellita da stupende chiese.

Prima di morire (395) Teodosio I affidò le due metà dell'impero ai suoi due figli: ad Arcadio l'Oriente, con capitale Costantinopoli, e a Onorio l'Occidente. Le due parti dell'impero, mai più riunite, saranno conosciute come Impero romano d'Occidente e come Impero romano d'Oriente. In teoria, secondo la concezione romana, più imperatori regnavano collegialmente, su un'entità, l'impero, che giuridicamente era comunque considerata come un'unica realtà.

Tale era stata almeno, la "ratio" di tutte le suddivisioni, sia nel III che nel IV secolo. In pratica, dalla scomparsa di Teodosio in poi, i due imperi imboccarono dei cammini differenti e in taluni casi persino contrapposti. A conferma dell'unità "teorica" dell'Impero, la monetazione di quel periodo mostra i due Imperatori d'Occidente e d'Oriente seduti sullo stesso trono ed entrambi sorreggenti il globo crucigero rappresentante l'ideale romano di dominare l'intero mondo, con l'iscrizione SALVS REI PUBLICAE.[6] Tuttavia, leggi promulgate in Oriente erano ritenute valide per l'Occidente solo se ratificate dall'imperatore occidentale, e viceversa, creando una divergenza legislativa tra Occidente ed Oriente.[7]

Nel 476 Odoacre, re degli Eruli, depone l'ultimo imperatore d'Occidente, Romolo Augustolo, e restituisce le insegne imperiali all'imperatore d'Oriente Zenone, in segno di sottomissione. Da tale momento l'Impero d'Oriente sarà l'unico a sopravvivere, considerandosi unico e legittimo erede dell'intero orbe romano.

Periodo iniziale[modifica | modifica wikitesto]

La parte orientale del mondo romano (che successivamente avrebbe conformato l'Impero romano d'Oriente) venne parzialmente risparmiata dalle difficoltà che visse quella occidentale nel III e IV secolo (almeno fino alla battaglia di Adrianopoli), grazie alla sua più favorevole posizione geografica, al suo maggior sviluppo economico e alla superiore ricchezza. La prosperità economica dell'Oriente romano era dovuta, più che alle cospicue risorse agricole del territorio, anche e soprattutto a una più ampia diffusione dei commerci, i quali poggiavano su una fitta rete urbana.

Pochi anni dopo la morte del grande Teodosio e la formazione di un Impero propriamente orientale e di uno occidentale (395), si scatenarono le invasioni (V secolo). Queste ultime portarono rapidamente al collasso l'Impero Romano d'Occidente e causarono, attorno all'anno 400, danni e distruzioni in alcune zone dell'Impero d'Oriente (penisola balcanica) ad opera dei Visigoti, senza però intaccare l'unità territoriale dello Stato.

Occidente ed Oriente uniti e divisi (395-476)[modifica | modifica wikitesto]

Il regno di Arcadio (395-408) fu segnato dal riacutizzarsi del problema germanico e dai rapporti conflittuali con l'altra parte dell'Impero, causati, in parte, dall'ambizione del generalissimo Stilicone di reincorporare all'Occidente la Prefettura del pretorio dell'Illirico e di ritagliarsi un proprio ruolo politico anche in Oriente. Nel 395 i foederati Visigoti, stanziati nell'Illirico Orientale fin dal 382 a seguito dell'accordo stipulato in quell'anno con Teodosio, si rivoltarono, eleggendo come loro re Alarico e, negli anni immediatamente successivi, devastarono la Tracia e la Grecia. L'arrivo di Stilicone sembrò poter riportare la situazione sotto controllo, ma Arcadio - su suggerimento dei suoi ministri e temendo che Stilicone volesse in realtà impadronirsi dell'Illirico - ordinò al generale di ritirarsi, facendolo dichiarare "nemico pubblico" dal Prefetto del pretorio Rufino, suo consigliere e uomo di fiducia. Rufino fu fatto assassinare poco più tardi quasi certamente su ispirazione di Stilicone che si avvalse, forse, della complicità di un comandante barbaro, Gainas,[8] nominato successivamente magister militum praesentialis.

Le pretese di Alarico vennero accolte e il re federato di Roma venne nominato magister militum per Illyricum (comandante dell'esercito romano in Illirico). Alcuni anni più tardi però vi fu a Costantinopoli una reazione antigermanica in cui fu coinvolto lo stesso Gainas, che, tentato invano di impadronirsi del potere, andò incontro a una tragica fine. I Germani furono da allora esclusi dall'esercito romano-orientale come foederati e riammessi successivamente non sotto il comando dei propri capi, ma come mercenari posti sotto il comando di un generale romano.[9]

Alarico e i Visigoti, comprendendo di non essere più accettati in Oriente, decisero di volgersi più a Occidente, invadendo l'Italia (401 - 402) nel tentativo di costringere Onorio ad arruolarli come foederati legittimando così loro il possesso di un qualsiasi territorio romano-occidentale. Stilicone, tuttavia, sconfisse ripetutamente gli invasori pur non facendo prigioniero Alarico che poté così lasciare l'Italia. Alcuni anni più tardi il generale romano sembra si fosse accordato con Alarico per occupare congiuntamente l'Illirico strappandolo in tal modo all'Impero d'Oriente. Il piano, però, non poté prosperare a causa dell'invasione della Gallia (e poi della Spagna) da parte di Vandali, Alani e Svevi e dell'usurpazione in Gallia e Britannia di Costantino III (406 - 407).

La morte di Arcadio (408), seguita pochi mesi più tardi da quella di Stilicone, che, caduto in disgrazia e accusato di tradimento e collusione con i Barbari, fu giustiziato per ordine di Onorio, permise una normalizzazione dei rapporti fra i due imperi che tornarono a collaborare fra di loro in funzione anti-germanica. Così quando Alarico invase per la seconda volta l'Italia (408 - 410) l'Occidente romano ricevette aiuti militari dall'Oriente: nel 409 il nuovo imperatore, Teodosio II (408-450), inviò 4.000 soldati a Ravenna affinché Onorio potesse difendersi dai Visigoti e dall'imperatore fantoccio Prisco Attalo, contribuendo a salvargli il trono; nel 425 lo stesso Teodosio II inviò una spedizione in Italia per deporre l'usurpatore Giovanni Primicerio e porre sul trono d'Occidente l'Imperatore legittimo Valentiniano III, suo cugino; dal 431 al 435 il generale di Teodosio II, Aspar, combatté contro i Vandali in Africa impedendo loro, almeno per il momento, di conquistare Cartagine; e, nel 441, una consistente flotta di 1100 navi fu inviata in Sicilia per unirsi ad un esercito romano-occidentale capitanato da Ezio ed essere imbarcato per l'Africa con il fine di liberarla dai Vandali che l'occupavano.[10] Considerato che, nonostante la pace stipulata con la Persia nel V secolo, il limes orientale non poteva essere sguarnito troppo di truppe, e che il limes danubiano era minacciato dagli Unni (i quali invasero l'Impero d'Oriente nel 421, 434, 441-442 e 447), i rinforzi che l'Impero d'Oriente inviò a quello d'Occidente erano tutt'altro che trascurabili.[11]

A conferma di quanto l'Impero d'Oriente non fosse indifferente al declino dell'Occidente romano, il limes danubiano fu, nel 441, sguarnito delle truppe ivi stanziate, che, come si è accennato, furono riunite in Sicilia per essere imbarcate per l'Africa occupata dai Vandali. Gli Unni di Attila ne approfittarono e, trovato un pretesto per rompere la pace, invasero l'Illirico orientale e lo devastarono perché privo di un numero adeguato di difensori, costringendo Teodosio II a richiamare le truppe inviate in Sicilia e a rinunciare alla spedizione per liberare l'Africa. Negli anni successivi (441-450) l'imperatore d'Oriente non poté più prestare aiuto all'Occidente perché minacciato costantemente da Attila e dai suoi Unni, che gli imposero il pagamento di un tributo annuale di 2100 libbre d'oro e l'evacuazione di una fascia territoriale a sud del Danubio percorribile in cinque giorni di marcia.

L'Impero romano all'epoca dei regni di Leone I (oriente) e Maggioriano (occidente) nel 460. L'Impero romano d'Occidente sarebbe durato appena due decenni, mentre il territorio dell'Impero romano d'Oriente non avrebbe subito modifiche fino alle riconquiste di Giustiniano I.

Sotto l'Imperatore Marciano (450-457) l'Oriente non rinunciò a sostenere l'Occidente contro gli invasori: la cronaca di Idazio narra che contingenti romano-orientali furono inviati in sostegno dell'Impero d'Occidente contro gli Unni quando Attila invase l'Italia (452), contribuendo al suo ritiro.[12] Il suo successore Leone I (457-474) allestì, nel 468, una nuova spedizione di 1100 navi per aiutare l'Impero d'Occidente a recuperare l'Africa, spendendo l'equivalente di più di un anno di entrate.[13] Il fallimento dell'impresa, dovuta forse al tradimento del generale Basilisco (accusato da Procopio di Cesarea di essersi accordato con Genserico), condizionò l'invio di ulteriori aiuti all'Occidente che vennero pressoché interrotti essendo le casse dello Stato vuote a causa delle enormi spese sostenute per allestire la spedizione.[14]

I Germani conservarono per gran parte del V secolo la propria importanza sotto il profilo militare come mercenari (l'alano Aspar era molto influente a corte), ma dall'epoca di Leone I (457-474) i romano-orientali riuscirono ad affrancarsi da essi arruolando contingenti sempre più consistenti di Isauri, una popolazione guerriera dell'Anatolia.[13] scarsamente ellenizzata. Lo stesso imperatore Zenone (474-491) era isaurico. Egli fece eliminare i propri rivali, Aspar e suo figlio Ardaburio nel 471, provocando tuttavia in tal modo la rivolta dei foederati goti stanziati in Tracia, che appoggiavano Aspar. Solo nel 473 si riuscì a porre termine alla rivolta con il pagamento di un tributo annuale di 2000 libre d'oro e la nomina del capo dei Goti di Tracia Teodorico Strabone a magister militum e "solo sovrano dei Goti". Successivamente, però, i Goti di Tracia si unirono ai Goti Amali di Pannonia, condotti da Teodorico il Grande, portando alla formazione della coalizione degli Ostrogoti. Questi ultimi furono un grave problema per l'Impero d'Oriente, finché non si riuscì a dirottarli verso l'Italia (489) con la speranza, che non andò delusa, di porre termine al dominio di Odoacre.

Tra la caduta dell'Impero d'Occidente e Giustiniano (476-527)[modifica | modifica wikitesto]

Nel 476, anno della deposizione di Romolo Augusto, l'imperatore bizantino Zenone ricevette da Odoacre le insegne imperiali dell'Occidente, come riconoscimento esplicito della propria autorità sull'intero mondo romano. Tale atto di sottomissione ebbe soprattutto un valore simbolico e non fu il preludio di un'effettiva riunificazione dell'Impero. Agli imperatori bizantini bastava che i sovrani dei nuovi regni romano-barbarici riconoscessero la propria superiorità gerarchica e morale, disinteressandosi delle aree occidentali occupate dalle tribù germaniche, impoverite e ormai periferiche. Preferirono pertanto rafforzarsi nella zona orientale, spostando in tal modo di fatto il baricentro degli interessi economico-politici dell'Impero verso est.

Talvolta gli imperatori facevano sentire ancora la propria presenza in Occidente con intrighi o mediante la concessione di prebende e onori ai capi barbari (conferendo titoli e cariche, elargizioni monetarie e talvolta anche dando loro in matrimonio principesse romano-orientali). Incuteva molto più timore, all'epoca, il pericolo costituito dal forte Impero persiano.[15]

L'imperatore aveva un'aura sacrale, che però differiva dalla divinizzazione della sua persona dell'epoca imperiale: egli era il vicario divino sulla Terra, typus Christi (simbolo vivente del Cristo) e garante della Chiesa (come quando presenziava ai concili ecumenici quali quelli di Nicea, di Efeso e di Calcedonia): la sua figura era una summa degli imperatori romani e dei re d'Oriente.[16]

Fonte di gravi problemi fu la diffusione del monofisismo nelle province asiatiche (Siria in particolare) e in Egitto. Gli imperatori del V secolo cercarono generalmente di riassorbire tale eresia evitando di condannarla apertamente e adottando talvolta dottrine di compromesso, come quelle che ispirarono l'editto di Henotikòn, che però non soddisfece né la frangia più estrema del monofisismo né il Papa. Vi fu anche chi, come Anastasio I, appoggiò apertamente il monofisismo, suscitando a Costantinopoli una rivolta, in occasione della pubblicazione di una versione monofisita del Trisagion, che per poco gli fece perdere il trono (512).[17] Oltre alle questioni religiose, molto sentite, i problemi che preoccupavano l'Impero d'Oriente erano la difesa dei confini nord-occidentali dalle popolazioni germaniche, slave e uralo-altaiche, la ridefinizione giuridica, fiscale e territoriale del territorio, i rapporti con l'Occidente e con il Papa e la contesa con l'Impero persiano per il possesso di alcune aree a ridosso della frontiera mesopotamica.

L'età di Giustiniano[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Giustiniano I, Guerra vandalica e Guerra gotica (535-553).
Giustiniano I raffigurato in uno dei celebri mosaici della Basilica di San Vitale, Ravenna.

Giustiniano fu l'ultimo imperatore romano di Bisanzio[18] e il più grande autocrate che sedette sul trono bizantino.[19] Nipote dell'imperatore Giustino I era, come lui, di umili origini e nato in un piccolo centro latinofono della Macedonia settentrionale. La sua provenienza e formazione romano-latine e non greche, furono gravide di conseguenze.[20] L'aspirazione universalistica che sempre contraddistinse la sua opera aveva una matrice romana e cristiana ad un tempo: il concetto di imperium romano si identificava infatti per Giustiniano sia con l'ecumene cristiana che con la restaurazione della grandezza romana vista come una missione sacra.[18] Sotto il suo regno «Per l'ultima volta il vecchio impero romano spiegò tutte le sue forze e visse il suo ultimo periodo di grandezza, sia dal punto di vista politico, che da quello culturale»[21]

La riconquista dell'Occidente e i rapporti con la Persia (527-565)[modifica | modifica wikitesto]
L'Impero romano d'Oriente alla morte di Giustiniano (565). In blu l'Impero nel 527, in viola le conquiste di Giustiniano in Occidente, in altri colori gli stati confinanti.

Durante il regno di Giustiniano I, salito al trono nel 527, si assistette all'ultimo concreto tentativo di riconquistare le regioni occidentali, per ristabilire l'unità dell'Impero romano (renovatio imperii). Tale tentativo fu coronato da un parziale, anche se in taluni casi effimero, successo. Sotto il comando dei generali Belisario prima e Narsete poi, i Bizantini riuscirono a riconquistare le province dell'Africa Settentrionale (533-534), parte della Spagna meridionale e, al termine della sanguinosissima guerra gotica (535-555) combattuta contro gli Ostrogoti, l'intera Italia. Se la maggior parte di quest'ultima fu persa una quindicina d'anni più tardi a seguito dell'invasione longobarda, iniziata nel 568, la Spagna bizantina fu persa solo un secolo più tardi (intorno al 624), mentre l'Africa nord-occidentale fece parte dell'Impero romano d'Oriente per oltre un secolo e mezzo (fino al 698). Sotto Giustiniano l'Impero bizantino raggiunse, attorno alla metà del VI secolo, la massima espansione territoriale della sua storia (395-1453).

Lo squilibrio creato a oriente dalle campagne in Europa occidentale fu subito colto dai Persiani, che tra il 540 e il 562 invasero l'Armenia e la Siria, occupando momentaneamente anche la metropoli di Antiochia. Nel 562 Giustiniano riuscì a ottenere la pace con la Persia al prezzo di un caro tributo. Nel (542-546) una gravissima epidemia di peste (la cosiddetta peste di Giustiniano) flagellò Costantinopoli e l'intero Impero, che subì una forte flessione demografica. Pochi anni più tardi (559) la capitale veniva salvata a stento da un'orda di invasori unni e slavi.

Sviluppo culturale e artistico[modifica | modifica wikitesto]

Durante il regno di Giustiniano operò il massimo storico in lingua greca dall'epoca di Polibio, Procopio di Cesarea, e uno fra i più grandi grammatici latini della tarda antichità, Prisciano. Nel campo del diritto venne prodotta, per volontà dell'imperatore, la più monumentale ricompilazione legislativa romana dell'antichità: quel corpus iuris civilis che rappresenta il più straordinario lascito di Bisanzio all'Occidente. Un gruppo di giuristi coordinati dal celebre Triboniano, portarono a compimento l'impresa in pochi anni, raccogliendo e aggiornando gli antichi codici legislativi romani. Il Corpus fu redatto quasi interamente in latino, anche se per molte leggi più recenti (le cosiddette Novellae Constitutiones), promulgate in massima parte da Giustiniano, si utilizzò il greco, lingua d'uso nella maggior parte dell'Impero romano d'Oriente (ma non nell'ambito giuridico e militare, mentre la corte, all'epoca, era ancora bilingue).

In epoca giustinianea venne a maturazione la sintesi fra le tradizioni artistiche d'Oriente ed Occidente, ed in modo particolare fra l'arte romana e quella siriaco-orientale dando vita a uno stile profondamente originale, anche se ancorato alla tradizione.[22] Tale stile, che si era andato sviluppando nel corso del IV e V secolo, si diffuse in tutta Europa e trovò la sua espressione più alta nell'architettura, soprattutto di carattere religioso. Fra le costruzioni ecclesiastiche nate per volere imperiale ricordiamo Santa Sofia, chiesa dedicata alla Sapienza di Dio o dell'Hagia Sophia, ed edificata negli anni Trenta del VI secolo. Santa Sofia rappresenta la massima creazione dell'architettura bizantina di ogni tempo e dell'arte cristiana in Oriente[23] divenendo in breve il centro della vita religiosa dell'impero e della Chiesa ortodossa e l'apogeo dell'urbanizzazione cristiana della città, che deve al grande imperatore l'erezione di 32 chiese, 4 palazzi, il foro dell'augusteo e 6 ospizi.[24] In quegli anni altre metropoli d'Oriente e d'Occidente saranno abbellite da magnifici edifici civili e di culto. Fra queste ultime non possiamo non menzionare Ravenna, roccaforte del potere romano-orientale in Italia, che verrà adornata da due splendide chiese: San Vitale, consacrata nel 547 e Sant'Apollinare in Classe, del 549.

In questo clima di trionfo della religione cristiana (dopo aver compiuto nei due secoli precedenti la propria irresistibile ascesa e diffondendosi fra le masse), fu chiusa la quasi millenaria Accademia d'Atene (529), anche se continuò a funzionare, in forma ridotta, per alcuni decenni.[25] Molti fra i suoi docenti furono costretti, tuttavia, a rifugiarsi in Persia, per poi tornare, senza più poter esercitare, grazie alla "pace eterna" siglata da Giustiniano con Cosroe I.

L'impero sotto assedio (565-641)[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Esarcato d'Italia, Esarcato d'Africa e Guerre longobardo-bizantine.

Nel 568-569 i Longobardi invadevano l'Italia stremata dalla guerra, molto probabilmente perché pressati dall'espansionismo avaro, anche se secondo la tradizione tramandata da Paolo Diacono (ma considerata inattendibile dalla storiografia odierna) sarebbero stati spinti a invaderla dallo stesso Narsete per vendetta contro Giustino II, che lo aveva richiamato a Costantinopoli.[26]

Ben presto l'Impero perse, dunque, il controllo dell'Italia a vantaggio dei Longobardi, conservando solo alcune zone costiere e, all'interno, un modesto corridoio umbro che collegava Roma con Ravenna.[27] Nel frattempo la Spagna bizantina subiva la controffensiva dei Visigoti condotti da re Leovigildo, che riconquistò varie città, mentre la Prefettura del pretorio d'Africa era minacciata dalle incursioni del re locale Garmul, sconfitto dal generale (e poi esarca d'Africa) Gennadio solo nel 578. Il nuovo Imperatore Giustino II, invece di inviare rinforzi in Occidente per salvaguardare i territori riconquistati da Giustiniano, decise incautamente di violare la tregua con la Persia, ritenendo umiliante continuare a pagare il tributo ai Persiani che Giustiniano aveva accettato di versare per comprare la pace.[28]

La nuova guerra contro la Persia, iniziata nel 572 e terminata solo vent'anni dopo (591), portò inizialmente alla perdita di Dara e impegnò per parecchio tempo la maggior parte delle truppe dell'Impero d'Oriente, distogliendole dalla difesa dei Balcani e dei territori occidentali riconquistati da Giustiniano. Quando, dunque, intorno al 580, i Balcani furono invasi da Slavi e Avari, l'Impero non poté opporre forze sufficienti per respingerli, con il risultato che grosse porzioni dei Balcani furono occupate da Slavi (mentre gli Avari erano intenzionati a compiere incursioni non per stabilirsi entro i confini dell'Impero, ma per lo più a fini di saccheggio e per costringere l'Impero ad aumentare il tributo).

L'Impero romano d'Oriente nell'anno 600.

L'Imperatore Maurizio (582-602) ereditò dunque una situazione disperata, con l'Impero invaso da tutti i fronti. In Occidente tentò di porvi rimedio costituendo gli Esarcati, una sorta di vicereami governati da un esarca con autorità sia civile che militare, nel tentativo di rendere i territori occidentali in grado di autodifendersi senza ricevere aiuti da Oriente, e cercando l'alleanza dei Franchi contro i Longobardi.[29] Sempre Maurizio, nel 597, stabilì che alla sua morte si sarebbe ricostituito l'Impero d'Occidente, governato dal figlio minore Tiberio, mentre l'Impero d'Oriente sarebbe andato al primogenito Teodosio; secondo Ostrogorsky, questa sarebbe la prova che «non si era rinunciato all'idea dell'Impero romano universale, né a quella dell'unico Impero romano governato collegialmente, con amministrazione distinta delle sue due parti».[30] Tuttavia la morte violenta di Maurizio, ucciso dall'usurpatore Foca (602-610), mandò a monte i suoi piani.

In Oriente, invece, Maurizio cercò di risolvere un problema per volta: cioè prima vincere la guerra contro la Persia e, solo dopo aver risolto il problema persiano, riconquistare i Balcani agli Slavi e Avari. Vinto nel 591 il conflitto contro la Persia, approfittando di una guerra civile scoppiata nell'Impero sasanide, e ottenuta parte dell'Armenia, Maurizio poté quindi volgere una gran parte del suo esercito contro Slavi e Avari, nel tentativo di scacciarli dai Balcani e respingerli oltre Danubio. Le sue campagne, durate fino al 602, furono nel complesso vittoriose e portarono al ripristino del limes danubiano, ma la sua politica volta al risparmio generò nel 602 un ammutinamento nell'esercito che gli costò il trono.[31]

L'Impero bizantino nel 650 ca., dopo le conquiste islamiche.

Dopo la morte dell'imperatore bizantino Maurizio a opera del sopracitato Foca, l'imperatore sasanide Cosroe II usò questo come pretesto per riconquistare la provincia romana di Mesopotamia.[32] Foca, un imperatore impopolare che viene spesso descritto da fonti bizantine come un "tiranno", fu bersaglio di numerose cospirazioni a opera del Senato e venne alla fine deposto nel 610 da Eraclio che divenne il nuovo imperatore bizantino.[33] Sotto Foca ed Eraclio, la situazione in Oriente e nei Balcani degenerò nei primi vent'anni del VII secolo: i Persiani, rotta la pace con il pretesto di vendicare l'assassinio di Maurizio, dilagarono in Oriente, conquistando Siria, Palestina e Egitto e devastando l'Asia Minore; gli Avari e gli Slavi ripresero l'offensiva, strappando di nuovo all'Impero l'Illirico.[34][35] Nel 626 Costantinopoli stessa si trovò assediata da Persiani e Avari, ma la città resistette e l'Impero riuscì a sopravvivere. Nel frattempo, in Occidente, i Visigoti riuscirono nel 624 circa a cacciare i Bizantini dalla Spagna, mentre, in Italia, Bisanzio e i Longobardi erano in pace fin dal 603, grazie alla politica conciliante dell'esarca Smaragdo. L'esarca Isacio (625-643) continuò a rinnovare la tregua con i Longobardi, ma non poté impedire loro - sotto il regno di Rotari - di conquistare la Liguria e, in Veneto, Oderzo e Altino (639/643).

Eraclio riuscì invero a recuperare il terreno perduto con una serie di campagne orientali durate dal 622 al 628, vincendo inaspettatamente la guerra contro la Persia e recuperando i territori orientali (628). La guerra sfinì però sia i Bizantini che i Sasanidi, e li rese estremamente vulnerabili agli Arabi.[36] I Bizantini vennero infatti sconfitti dagli Arabi nella Battaglia del Yarmuk nel 636, quando Ctesifonte era già caduta due anni prima.[37] Siria e Palestina caddero presto in mano araba e l'Egitto venne annesso al Califfato Rashidun nel 642.[38]

Alto medioevo[modifica | modifica wikitesto]

L'Impero bizantino quando Leone III salì al trono di Bisanzio nel 717.

Nel 641, dunque, l'Impero, ridotto all'Asia Minore e Tracia con enclavi in Italia, Africa e Balcani, si era ridotto ai minimi termini. Ciò che l'Impero perse in territorio, però, lo guadagnò in uniformità. Eraclio ellenizzò completamente l'Impero rendendo il greco la lingua ufficiale e prendendo il titolo di Basileus ("Re") invece del vecchio termine romano Augustus. L'Impero era ora notevolmente differente nella religione, rispetto alle ex terre imperiali dell'Europa occidentale, anche se le province bizantine meridionali differivano significativamente da quelle settentrionali nella cultura e praticavano il cristianesimo monofisita piuttosto che quello ortodosso.

La perdita delle province meridionali in favore degli Arabi, rese più forte l'ortodossia nelle province rimanenti. Eraclio divise l'impero in un sistema di province militari chiamate themata per fronteggiare gli assalti permanenti, con la vita urbana che declinava al di fuori della capitale, mentre Costantinopoli continuava a crescere consolidando la sua posizione di città più grande (e civilizzata) del mondo. I tentativi arabi di conquistare Costantinopoli fallirono di fronte alla superiorità della marina bizantina e al suo monopolio di una tuttora misteriosa arma incendiaria, il fuoco greco. Dopo aver respinto gli iniziali assalti arabi, l'Impero iniziò un progressivo e parziale recupero delle sue posizioni.

L'VIII secolo fu dominato dalla controversia sull'iconoclastia. Le icone vennero bandite dall'Imperatore Leone III, portando alla rivolta gli iconoduli dell'Impero. Grazie agli sforzi dell'Imperatrice Irene, il Secondo Concilio di Nicea si riunì nel 787 e affermò che le icone potevano essere venerate ma non adorate. Irene tentò anche un matrimonio di alleanza con Carlo Magno, che avrebbe unito i due imperi, ma questi piani non giunsero a nulla. La controversia iconoclasta ritornò nel IX secolo, ma le icone vennero ripristinate nell'843. Queste controversie non aiutarono le relazioni, che andavano disgregandosi, con la Chiesa Cattolica Romana e il Sacro Romano Impero, che stavano iniziando a guadagnare da soli più potere.

La lotta per la sopravvivenza (641-717)[modifica | modifica wikitesto]

Mappa descrivente i conflitti navali bizantino-arabi dal VII secolo al ca. 1050. Confini degli stati corrispondono a quelli nell'VIII secolo (inizi).

Dopo i brevi regni dei due figli di Eraclio, Costantino III ed Eracleona, conclusisi entrambi tragicamente dopo pochi mesi, prese il potere Costante II (641-668), figlio di Costantino III e nipote di Eraclio, alla tenera età di undici anni. Vista la minore età, per i suoi primi anni di regno Costante II fu posto sotto la tutela del Senato bizantino. Nel frattempo, dopo un tentativo fallito da parte dei Bizantini di riconquistare l'Egitto (645), gli Arabi, compresa l'importanza di costruire una flotta in grado di competere alla pari con quella bizantina, allestirono una potente flotta, che inflisse pesanti sconfitte a quella bizantina e iniziò a compiere raid nelle isole del Mediterraneo orientale, tra cui Creta e Rodi.[39]

Una guerra civile scoppiata nel califfato arabo negli anni cinquanta del settimo secolo impedì però agli Arabi di attaccare Costantinopoli: nel 659, per assicurarsi la neutralità di Bisanzio nel corso della guerra civile, gli Arabi accettarono di pagare a Bisanzio un tributo in cambio di una tregua triennale.[40] Costante II ne approfittò (secondo almeno Treadgold) per riorganizzare l'esercito secondo il sistema dei themata (in passato attribuito ad Eraclio) e per tentare di riconquistare l'Italia. Partito per l'Italia con almeno 20.000 soldati e sbarcato a Taranto nel 663, Costante II tentò di occupare Benevento fallendo nell'impresa, dopodiché - dopo aver visitato Roma per 10 giorni, l'antica capitale - si fermò a Siracusa, dove pose la propria residenza[41] e proclamò capitale dell'impero[42]. L'eccessivo fiscalismo e l'opposizione alla Chiesa di Roma (dovuta alla promulgazione del Typos, editto imperiale che vietava le discussioni religiose e accusato dal Pontefice di favorire l'eresia monotelita) gli provocarono l'odio tra la popolazione locale e nel 668 l'Imperatore venne assassinato in una congiura,[43] e dall'esercito fu proclamato Mecezio.

Il fuoco greco fu utilizzato per la prima volta dalla marina bizantina nel corso delle guerre arabo-bizantine.

Il figlio Costantino IV, rimasto a Costantinopoli, vendicò l'assassinio del padre sedando la rivolta - con relativa usurpazione - in Sikelia. Gli Arabi, nel frattempo, sferrarono diverse incursioni e saccheggi in Anatolia, e tra il 674 e il 678 assediarono addirittura Costantinopoli. L'attacco non ebbe successo grazie all'uso del fuoco greco con cui i Bizantini incendiarono le navi arabe distruggendo la loro flotta e alla fine venne firmata una tregua di trent'anni con il califfato arabo.[44] Nel frattempo, nel 680, i Bulgari iniziarono a stanziarsi nei Balcani e furono vani tutti i tentativi da parte di Costantino IV (668-685) prima e del figlio Giustiniano II (685-711) poi di scacciarli. Nel 698 gli Arabi conquistarono anche l'Esarcato di Cartagine e ripresero a minacciare l'Impero con raid frequenti in Anatolia.

L'Impero, nel frattempo, ricadde nell'instabilità politica. La politica autocratica e dispotica di Giustiniano II provocò la sua detronizzazione, il taglio del naso e l'esilio in Crimea nel 695; il suo successore, Leonzio, regnò per soli tre anni, per essere poi detronizzato da un'ulteriore rivolta che portò al trono Tiberio III; ancora, nel 705 Giustiniano II riuscì a recuperare il trono, detronizzando Tiberio III, per poi perderlo di nuovo nel 711, in seguito alla rivolta di Filippico. Nei successivi sei anni si succedettero una serie di effimeri imperatori (Filippico, Anastasio II, Teodosio III), i cui regni durarono non più di due anni; una tale instabilità politica comprometteva ovviamente le possibilità da parte dei Bizantini di resistere alle offensive arabe.

L'iconoclastia (717-843)[modifica | modifica wikitesto]

L'Impero bizantino nel 717 ca. Le aree a striscia sono quelle soggette ai saccheggi degli Arabi.

Nel 717 Leone III (717-741) si impadronì del trono rivoltandosi al precedente imperatore Teodosio III e riuscì a respingere l'assedio arabo della Capitale avvenuto nel 717-718, salvando l'Impero dalla capitolazione.[45] In quegli anni, tuttavia, in seguito ad accese discussioni nella Chiesa sull'eccessiva venerazione delle icone religiose, l'Imperatore iniziò a parteggiare per la fazione favorevole alla loro distruzione: era la cosiddetta iconoclastia, che generò una crisi che si protrasse fino al IX secolo.

Nel 726 l'Imperatore fece rimuovere un'icona dalla porta del palazzo, suscitando una rivolta nella capitale e nel thema Ellade, mentre nel 730 sembra che l'Imperatore abbia emanato un vero e proprio editto iconoclasta (a favore della distruzione delle immagini, ritenute fonte di idolatria).[46] L'iconoclastia spinse l'Impero, a causa delle dispute interne, sull'orlo di una guerra civile e causò delle rivolte anti-bizantine in Italia, che facilitarono l'espansione dei Longobardi a danni dell'esarcato; nel 751 Ravenna, capitale dell'Esarcato bizantino, cadde in mano longobarda, avvenimento che segnò la fine della dominazione bizantina dell'Italia centrale; infatti il Papa chiamò i Franchi contro i Longobardi, che vennero sconfitti e costretti dal re franco a cedere l'esarcato al Papa, decretando la nascita dello Stato della Chiesa e l'inizio del potere temporale dei Papi, che si staccarono così dalla dominazione di Bisanzio.[47]

La politica iconoclasta fu proseguita con maggior vigore e fermezza dal figlio Costantino V (741-775), che si attirò talmente tanto odio tra gli iconoduli (veneratori delle immagini) a tal punto che le fonti iconodule gli affibbiarono il soprannome di "Copronimo" (nome di sterco) perché avrebbe defecato sul fonte battesimale al momento del battesimo. Nel 754 Costantino V convocò un concilio a Hieria che approvò l'iconoclastia, ordinando la distruzione delle immagini sacre nelle chiese e la loro sostituzione con immagini di argomento profano.[48] Costantino V iniziò quindi a perseguitare apertamente i monaci - considerati un nemico politico -, confiscando i loro monasteri e costringendoli ad abbandonare la vita monastica minacciando in caso contrario l'accecamento.[49] La lotta contro i monaci sembra dovuta a contrastare il loro potere e incamerare le loro ricchezze. Tuttavia non vanno dimenticati i successi dell'Imperatore contro gli Arabi e i Bulgari, che portarono anche a una sia pur molto limitata espansione dell'Impero.

Dopo il breve regno di Leone IV (775-780), il trono fu assunto da Costantino VI (780-797) sotto la reggenza della madre Irene (797-803). Quest'ultima, devota alle icone, fece convocare un concilio a Nicea nel 787 che condannò come eretica l'iconoclastia ristabilendo la venerazione, ma non l'adorazione, delle icone.[50] Nel frattempo, ambiziosa a regnare da sola, tramò da dietro le quinte in modo da rendere suo figlio impopolare, in modo da poterlo detronizzare con facilità. Nel 797, infine, con un colpo di stato, lo detronizzò e lo fece accecare, assumendo da sola il potere. Per la prima volta, a Bisanzio, una Imperatrice regnava non da "Imperatrice consorte" ma da "Imperatrice regnante", a tal punto che si fece chiamare "Basileus" ("Imperatore") e non "Basilissa" ("Imperatrice").[51] Nell'800, considerando vacante il trono di Costantinopoli perché retto da una donna che per di più si era appropriata illegalmente del potere con un colpo di stato, il Papa elesse Imperatore dei Romani il Re dei Franchi e dei Longobardi Carlo Magno; l'incoronazione venne considerata illegittima da Costantinopoli e Carlo Magno cercò di risolvere il problema proponendo a Irene di sposarlo in modo da unificare Occidente e Oriente; tuttavia il piano fallì a causa di un golpe che detronizzò Irene.[52]

I Balcani nell'anno 800.

Assunse il trono Niceforo I (803-811), il quale, nel tentativo di porre rimedio alle riforme fiscali di Irene che avevano danneggiato il bilancio dello Stato, cercò di risanare il bilancio alzando le tasse. I provvedimenti fiscali di Niceforo - definiti da Teofane Confessore i "dieci misfatti" - gli attirarono una certa impopolarità specialmente tra il ceto monastico, ma erano necessari per il bene dello Stato.[53] Durante il regno di Niceforo, Bisanzio iniziò a recuperare il controllo della Grecia slavizzata, ma subì una catastrofica sconfitta contro i Bulgari nell'811 a causa di un'imboscata nella quale finì ucciso lo stesso Imperatore.[54] La capitale sembrò a questo punto in pericolo a causa della minaccia bulgara, ma i suoi successori riuscirono a stabilizzare la situazione, salvando l'Impero dai Bulgari.[55]

Nel frattempo gli iconoclasti tornarono al potere con Leone V (813-820), che ripristinò l'iconoclastia.[56] I suoi successori appartenenti alla dinastia amoriana - Michele II (820-829) e Teofilo (829-842) - mantennero l'iconoclastia (soprattutto Teofilo), ma questa venne poi abolita all'inizio del regno del figlio di Teofilo, Michele III, nell'843, per opera della madre e reggente di Michele III, Teodora. Vennero però perse le isole di Creta (nell'863, riconquistata solo nel 961) e la Sicilia (conquistata dagli emiri di Kairouan tra l'827 e il 902). Il più grande traguardo di quell'epoca fu invece la cristianizzazione di gran parte dell'Europa orientale da parte della Chiesa greca.

L'apogeo[modifica | modifica wikitesto]

L'Impero bizantino sotto Basilio II nel 1025

L'Impero raggiunse un periodo di grande splendore sotto gli imperatori macedoni, tra la fine del IX e l'inizio dell'XI secolo. Nel 961 Creta venne riconquistati con una spedizione. Non è nota la località in cui sbarcarono le truppe imperiali, anche se allo sbarco seguì immediatamente un aspro combattimento contro i Saraceni. Dopo 3 giorni di relativa calma, in cui fu possibile portare a termine le operazioni di sbarco ed effettuare ricognizioni dell’isola, gli Arabi ritornarono all’attacco ma dovettero ripiegare alla volta di Candace, ritenuta imprendibile e stimata baluardo difensivo dell’intera isola. Raggiunta la capitale, Niceforo, pensando che non fosse possibile conquistare la città con un assalto diretto, fece iniziare i lavori necessari per un lungo assedio: cercò di isolare Candace sia via mare che via terra, per prevenire eventuali tentativi di ricollegamento con la Siria, la Cilicia, l’Egitto e, persino, la lontana Andalusia. Una cosa è certa: le richieste di aiuto da parte dell’emiro di Creta al Califfo egiziano e a quello di Cordova, grazie al blocco navale, rimasero senza risposta,  e le forze arabe che tentarono lo sbarco furono fatte a pezzi. Per il blocco via terra, la città fu circondata da un ampio fossato e da una palizzata.

Ciò nonostante non mancarono i tentativi per sbaragliare gli assedianti, risultati tutti infruttuosi. Tra questi quello del vecchio amera Kourupas che, al comando di quasi 40.000 uomini, inviati in buona parte dal Califfo d’Africa ed in parte raccolti tra i superstiti dell’isola, guidò una spedizione contro il campo bizantino, per favorire la sortita degli assediati. L’operazione però fallì, anche perché Niceforo, grazie ad alcune informazioni segrete, riuscì a  prevenire le mosse del nemico: ne derivò una terribile strage dei difensori di Candace.

Durante il lungo assedio (dall’estate 960 alla primavera 961) non mancarono atti di crudeltà da parte di Foca e del suo esercito. E’ riferito che: “Ordinò che le teste dei nemici uccisi fossero lanciate con le fionde a guisa di dardi, sicché la breve estensione del cielo si mostrasse macchiata della strage dei barbari ed il popolo peccatore sapesse che per loro era una pena anche la collocazione delle membra. Lanciavano le teste al posto dei sassi; colpivano spesso anche i loro padri, ed i fratelli, e chi moriva in battaglia diveniva omicida nella strage dei padri” (Teod.Diac. II 60-69; trad. G. Attanasio, 1995). Sempre Teodosio Diacono ci riferisce che: “Il capo dei frombolieri, poi, o Signore, fa qualcosa degna, e molto, di riso. Infatti, dopo aver legato alla fionda un asino ottuso, ordina di lanciare un asino vivo fra gli asini. Essi allora, occupati a legarlo con le corde, scagliano l’infelice per le vie del cielo. Quello agitava le zampe, scalciava, saliva per il cielo il rustico asino; prima di nessuna importanza, ora librato in alto, il somaro pigro e lento in terra, correndo per il cielo, incuteva allora terrore ai Cretesi. […] Il comandante, osservando questo somaro divenuto volatile, distogliendo la mente dalla tempesta delle preoccupazioni, disse sorridendo agli altri generali: < O compagni, quelle belve ricevano come cibo questo strano uccello, che giace ora là dentro; come venuto da luoghi impervi e nascosti riempirà di cibo la loro mensa: infatti, io penso che essi abbiano bisogno delle cose necessarie >” (Teod.Diac. III 173-195; trad. G. Attanasio, 1995).

Nei 7 mesi di assedio anche i musulmani di Creta e quelli d’Africa tentarono più volte di rompere il blocco per soccorrere gli abitanti di Candace che erano ormai ridotti alla fame, ma che rifiutavano di arrendersi conoscendo il terribile destino a cui sarebbero andati incontro. La situazione, tuttavia, non fu facile neppure per le truppe imperiali, tanto che Bringa fu costretto ad inviare nuovi rifornimenti e scorte per impedire lo scompaginamento dell’esercito. Il tutto fu aggravato anche da una carestia che si era propagata a macchia d’olio per tutto l’Oriente e che rendeva difficile il reperimento di generi alimentari.

Candace, però, cadde il 7 di marzo 961, quando fu sferrato l’assalto diretto, preceduto da un lungo bombardamento delle mura da parte delle macchine da guerra; seguì la rapida sottomissione dell’intera isola. Lo stesso Niceforo Foca organizzò e guidò la successiva riorganizzazione: fece abbattere le mura di Candace, oramai devastata  dal lungo saccheggio, anni di pirateria vi avevano fatto, infatti, affluire grandi ricchezze, e costruire la fortezza di Temenos su una collina adiacente per le  truppe di stanza, in gran prevalenza armene; favorì la ricristianizzazione della popolazione e la ricostruzione dei luoghi di culto, avvalendosi della collaborazione dell’amico d’infanzia Atanasio, futuro rinnovatore del monachesimo del monte Athos.

Un'altra campagna contro i musulmani avvenne quando Basilio II stava conducendo la guerra in Macedonia, la Siria fu invasa dai Fatimidi, che inflissero ai Bizantini una sconfitta sull'Oronte (15 settembre 994) e strinsero d'assedio Aleppo.L'Imperatore dovette interrompere momentaneamente la campagna contro i Bulgari per correre a salvare l'Oriente dalla capitolazione.

Nel 995 Basilio II radunò quarantamila uomini ad Antiochia in modo da trasportare velocemente il suo esercito di fanteriaverso la Siria a dorso di mulo. Le regioni limitrofe, difatti, erano sconquassate da disordini, causati dai musulmani e i soldati giunsero appena in tempo per riuscire a difendere Aleppo. In breve l'imperatore riuscì a sconfiggere l'esercito islamico, che si ritirò in Siria, e a occupare Raphamea e Emesa.[21]

A questa spedizione si aggiunge la distruzione del regno Bulgaro. Tra il 1001 e il 1004 Basilio iniziò una campagna punitiva contro i Bulgari, che procedette lenta ma con ottimi risultati e grazie alla quale i bizantini riuscirono a riconquistare tutta la penisola balcanica orientale. Inizialmente Basilio invase e occupò i dintorni di Serdica, successivamente invase la Macedonia, riconquistò la Tessaglia ed espugnò, dopo un assedio di otto mesi, la fortezza di Vidin, lungo il corso del Danubio.

Da quella fortezza Basilio si diresse a meridione, dove inflisse un'altra sconfitta a Samuele presso il fiume Vardar (1004).

Dopo queste vittorie, con le quali aveva strappato a Samuele metà del suo impero, Basilio decise di tornare a Costantinopoli. L'anno successivo, ripresa la campagna, riuscì a espugnare Durazzo grazie a un provvidenziale tradimento.[25] Degli anni successivi di campagne non sappiamo molto.

L'odio dell'imperatore contro i Bulgari, causato dalla disastrosa campagna condotta contro di loro 20 anni prima, non era stato attenuato dal tempo. Dopo la vittoria conseguita nell'alta valle dello Strimone, il 4 ottobre del 1014, nella battaglia di Kleidion, la sua ferocia nel punire tale popolazione fu tale da fargli assumere l'appellativo di Bulgaroctono, ovvero "massacratore di Bulgari". Essendogli sfuggito lo Zar Samuele di Bulgaria (997-1014), Basilio catturò circa 14.000 Bulgari, li accecò tutti e li mandò dal loro re, che nel frattempo era riparato nella fortezza di Prespa (Macedonia). Essi erano stati messi in fila a gruppi di cento, e al primo della fila era stato cavato un occhio solo, in modo che potesse condurre i suoi compagni. Lo Zar, sconvolto, morì due giorni dopo, vedendo come la sua grande armata era stata distrutta.

A Samuele succedette il figlio Gabriele, che implorò la pace offrendosi di diventare vassallo dell'Impero; Basilio rifiutò e continuò l'offensiva, conquistando altre città. Gabriele morì nel 1015 ucciso da Giovanni, suo cugino, che gli succedette; il nuovo zar tentò di nuovo di giungere alla pace, dicendo di essere disposto ad accettare il vassallaggio. In un primo momento l'Imperatore bizantino accettò ma quando vide che, nonostante i patti, lo zar avesse pianificato di aggredire Durazzo, il basileus si infuriò e attaccò Giovanni, conquistando Ocrida e accecando i prigionieri.

A questo punto i Fatimidi invasero di nuovo l'oriente conquistando il protettorato bizantino di Aleppo mentre il re di Georgia Giorgio aveva aggredito il thema di Iberia, ma Basilio non si fece distrarre da tali offensive e continuò la conquista di ciò che rimaneva del potente Impero bulgaro. Giovanni tentò una disperata resistenza, ma morì nel tentativo di espugnare Durazzo (febbraio 1018). Venuto a conoscenza della morte dello zar, Basilio decise di condurre l'offensiva finale, occupando di nuovo Ocrida (recuperata poco tempo prima da Giovanni) e annettendo completamente la Bulgaria occidentale all'Impero. Con questa vittoria Basilio riportò tutta la penisola balcanica sotto il controllo dell'Impero. Basilio celebrò la vittoria prima nel Partenone di Atene, da tempo trasformato in chiesa cristiana, e successivamente a Costanti

All'ascesa al trono di Alessio nel 1081 l'Impero versava in condizioni gravissime, circoscritto a Grecia e Macedonia, finanziariamente sul lastrico e scosso da violente lotte intestine. Mai in tutta la storia era stato così vulnerabile.La disastrosa sconfitta di Manzicerta ad opera dei Turchi selgiuchidi, avvenuta solo sette anni prima, aveva avuto pesanti strascichi: la perdita dell'Asia minore (circa metà dei possedimenti imperiali) privava Costantinopoli della vitale fonte di reclutamento per il suo esercito costituita dalle provincie anatoliche, la indeboliva fortemente sul piano economico e lasciava la capitale direttamente esposta agli attacchi dei nemici.

Inoltre, i Normanni della Sicilia avevano approfittato della temporanea debolezza militare dell'Impero per sferrare un'offensiva decisiva contro le roccaforti greche, cacciando i Bizantini da tutto il meridione.

Meno di un secolo dopo aver raggiunto il suo apogeo sotto Basilio II, l'Impero bizantino era caduto in una situazione che faceva temere addirittura il suo collasso.

Tuttavia Alessio I Comneno sfruttò le vittorie nelle Crociate e riconquistò alcune aree dell'Asia Minore.

Fine dell'Impero[modifica | modifica wikitesto]

L'Impero bizantino sotto Manuele I nel 1180
La frammentazione dell'impero bizantino dopo il 1204: l' impero latino (rosso), l' impero di Nicea (blu), l' impero di Trebisonda (viola) e il despotato d'Epiro (verde scuro); i confini sono molto incerti, in più è anche rappresentato l' impero bulgaro (verde chiaro).
L'Impero bizantino nel XV secolo
L'Impero bizantino nella metà del XV secolo.

Gli ultimi secoli della vita bizantina cominciarono con gli Angeli.

Federico Barbarossa intraprese azioni ostili contro l'Impero Bizantino durante la Terza Crociata, ma fu la Quarta che ebbe gli effetti più devastanti. Anche se l'intento della crociata era di conquistare l'Egitto, sotto l'influenza dei Veneziani, la crociata espugnò Costantinopoli (sotto il comando del marchese del Monferrato) nel 1204. Come risultato venne fondato un regno feudale di breve durata, l'Impero Latino (vedi Battaglia di Adrianopoli), e il potere bizantino venne indebolito permanentemente.

Dall'Impero Latino scaturirono tre stati bizantini: l'Impero di Nicea, il Despotato d'Epiro e l'Impero di Trebisonda. Il primo, controllato dalla dinastia dei Paleologi, riuscì a riconquistare Costantinopoli nel 1261 e sconfisse l'Epiro, rivitalizzando l'Impero ma dando troppa attenzione all'Europa in un periodo in cui le province asiatiche avrebbero dovuto essere la preoccupazione principale.

Per un po' di tempo l'impero sopravvisse semplicemente perché Selgiuchidi, Tartari e persiani Safavidi erano troppo divisi per poter attaccare, però alla fine i Turchi ottomani invasero tutti i possedimenti ad eccezione di alcune città portuali. Gli Ottomani (nucleo originario del futuro Impero ottomano) costituirono uno Stato indipendente sostituendosi al Sultanato selgiuchide di Rūm (ormai declinante dopo la sconfitta nel 1243 per mano mongola nella battaglia di Köse Dağ) per merito di ʿOthmān I Ghāzī, figlio di Ertuğrul, il cui nome, a partire dal 1281, servirà a indicare la dinastia ottomana da lui fondata.

L'Impero si appellò all'occidente in cerca di aiuto, però i diversi stati europei posero come condizione la riunificazione della Chiesa cattolica e di quella Ortodossa. L'unità delle Chiese fu considerata, e occasionalmente imposta legalmente, eppure i cristiani ortodossi non accettarono il Cattolicesimo romano. Alcuni combattenti occidentali arrivarono in aiuto di Bisanzio, ma molti preferirono lasciar l'Impero soccombere e non fecero niente quando gli Ottomani conquistarono i territori rimanenti. La salvezza momentanea di Costantinopoli fu l'arrivo dei Timuridi guidati da Tamerlano, che nella battaglia di Ancyra sconfissero pesantemente gli Ottomani.

Costantinopoli fu in principio risparmiata grazie alle sue possenti difese, però, con l'avvento dei cannoni, le mura (che, tranne durante la quarta crociata, furono impenetrabili per oltre 1000 anni) ora non offrivano più una protezione adeguata di fronte alla nuova tecnologia. La caduta di Costantinopoli alla fine arrivò martedì 29 maggio 1453, dopo un assedio di due mesi comandato da Maometto II. Costantino XI Paleologo, nonostante gli fosse stato consigliato di fuggire in Morea, volle restare nella città fondata dall'omonimo Imperatore romano Costantino il Grande e fu visto per l'ultima volta quando entrava in un combattimento contro i giannizzeri ottomani, che avanzavano pericolosamente, presumibilmente perdendo oltre all'Impero la vita sul campo. Maometto II conquistò anche Mistra nel 1460 e Trebisonda nel 1461, ponendo così fine agli ultimi baluardi bizantini.

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Economia bizantina.

L'economia bizantina fu tra le più avanzate in Europa e nel Mediterraneo per molti secoli. L'Europa, in particolare, non fu in grado di competere con la potenza economica bizantina fino al tardo Medioevo. Costantinopoli era un importante centro di una rete commerciale che in varie epoche si estendeva lungo pressappoco tutta l'Eurasia e il Nord Africa; inoltre era il primario capolinea occidentale della celebre via della seta. Vari studiosi sostengono che, fino all'arrivo degli Arabi nel VII secolo, l'Impero aveva l'economia più prospera del mondo. Le conquiste arabe, tuttavia, avrebbero portato a un sostanziale capovolgimento di fortune contribuendo a un periodo di declino e stagnazione. Le riforme di Costantino V (c. 765) segnarono l'inizio di una ripresa che si protrasse fino al 1204.

Dal X secolo fino alla fine del dodicesimo, l'Impero bizantino proiettò un'immagine di lussuria, e i viaggiatori erano impressionati dalle ricchezze accumulate nella capitale. Tutto questo mutò con la Quarta Crociata, che fu cagione di una catastrofe economica da cui Bisanzio non si riprese più,[57] nonostante i tentativi di ripresa ad opera dei Paleologhi. Gradualmente perse anche la sua influenza sulle modalità di commercio e sui meccanismi di prezzo, oltre al controllo sul rilascio di metalli preziosi e, a dire di molti studiosi, persino sulla coniazione delle monete.[58]

Una delle fondamenta economiche dell'Impero era il commercio. I tessuti devono essere stati di gran lunga le più importanti merci di esportazione; la seta era certamente importata in Egitto, oltre che in Bulgaria, e in Occidente.[59] Lo Stato controllava strettamente sia il commercio interno che quello con altre nazioni, e mantenne il monopolio della coniazione di monete. Il governo esercitava un controllo formale dei tassi di interesse, e fissava i parametri per le attività delle corporazioni, per le quali avevano un particolare interesse. L'Imperatore e i suoi ufficiali intervenivano a volte nelle crisi per assicurare l'approvvigionamento alla capitale, e a tenere basso il prezzo dei cereali. Inoltre il governo spesso raccoglieva parte del surplus tramite le tasse, e lo rimetteva in circolazione, tramite ridistribuzione in forma di salari agli ufficiali di stato, o investendo in opere pubbliche.[60]

Scienza, medicina, diritto[modifica | modifica wikitesto]

Il frontespizio di Vienna Dioscurides, che mostra un cenacolo di sette celebri fisici.

Le opere scritte dell'Antichità classica mai cessarono di essere coltivate in Bisanzio. Di conseguenza, la scienza bizantina fu sempre intimamente connessa con la filosofia antica, e con la metafisica.[61] Sebbene più volte i Bizantini avessero fatto grossi progressi nella scienza applicata (si veda la costruzione di Hagia Sophia), dopo il VI secolo gli studiosi bizantini diedero pochi nuovi contributi alla scienza nel senso di sviluppare nuove teorie o sviluppare le idee di autori classici.[62] Lo studio delle scienze declinò particolarmente durante gli anni oscuri della pestilenza e delle conquiste islamiche, ma successivamente, durante il cosiddetto rinascimento bizantino (fine del primo millennio), gli studiosi bizantini si riaffermarono come esperti nelle scienze nei quali Arabi e Persiani avevano fatto i maggiori progressi, particolarmente in astronomia e matematica.[63]

Nell'ultimo secolo di vita dell'Impero, i grammatici bizantini trasferitisi in Italia ebbero il merito di portare opere letterarie e grammaticali greche nell'Italia rinascimentale.[64] Durante questo periodo, l'astronomia e altre scienze matematiche venivano insegnate a Trebisonda; la medicina attrasse l'interesse di pressoché tutti gli studiosi.[65]

Nel campo del diritto, le riforme di Giustiniano I ebbero un evidente influenza sull'evoluzione della giurisprudenza, e l'Ecloga di Leone III influenzò la formazione di istituzioni giuridiche nel mondo slavo.[66]

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Chiesa cattolica, Chiesa ortodossa e Nestorianesimo.
Questa voce è parte della serie
Oriente cristiano
Christ Pantocrator Deesis mosaic Hagia Sophia.jpg

Storia
Impero bizantino
Crociate
Concilio ecumenico
Cristianizzazione della Bulgaria
Cristianizzazione della Rus' di Kiev
Scisma Oriente-Occidente
Per regione
Asiatica - Copta
Ortodossa orientale - Georgiana - Ucraina

Tradizioni
Chiesa ortodossa orientale
Chiesa cattolica orientale
Ortodossia orientale
Cristianesimo siriaco

Liturgia e culto
Segno della croce
Divina Liturgia
Iconografia
Ascetismo
Omoforio

Teologia
Esicasmo - Icona
Apofaticismo - Clausola del Filioque
Miafisismo - Monofisismo
Nestorianesimo - Theosis - Theoria
Phronema - Filocalia
Praxis - Theotokos
Ipostasi - Ousia
Essenza-distinzione di energie
Metousiosis

Come simbolo ed espressione del prestigio universale del Patriarcato di Costantinopoli, Giustiniano I edificò la Chiesa della Santa Saggezza di Dio, Hagia Sophia, che venne completata nel breve periodo di quattro anni e mezzo ( 532537).

Fu da questa contrapposizione tra cultura latina della parte occidentale e cultura ellenistica della parte orientale che nacquero i due grandi filoni, romano e greco-ortodosso, della Chiesa, con caratteristiche molto differenti nel rapporto con l'imperatore. La Chiesa greco-costantinopolitana, a differenza di quella romano-latina, non aveva margini per un'attività politica per la costante supervisione dell'imperatore, che era interessato ad evitare troppi spazi d'autonomia od il sorgere di nuove controversie teologiche che minassero l'unità dell'Impero, caratterizzato già di suo da popolazioni divise per tradizioni culturali e linguistiche e da interessi economici contrastanti. Nella parte occidentale, invece, il papa di Roma si era arrogato un documento (falso), la donazione di Costantino, e si era posto, stante l'instabilità ed il declino del potere centrale dell'imperatore d'Occidente, come erede dell'Impero romano d'Occidente, iniziando a impossessarsi direttamente del titolo o a concederlo ad altri sovrani tramite le cerimonie che appartenevano all'imperatore.

La sopravvivenza dell'Impero in Oriente assicurò all'Imperatore un ruolo attivo negli affari della Chiesa. Lo Stato bizantino ereditò dall'epoca pagana la routine amministrativa, e finanziaria di amministrare affari religiosi, e questa routine fu applicata alla Chiesa. Seguendo la tesi di Eusebio di Cesarea, i Bizantini vedevano l'Imperatore come un rappresentante o messaggero di Cristo, responsabile particolarmente della propagazione del Cristianesimo tra i pagani, e degli affari "estranei" alla religione, come l'amministrazione e le finanze. Il ruolo imperiale, tuttavia, negli affari ecclesiastici non si è mai sviluppato in un giuridicamente definito sistema.[67]

Il Cristianesimo non fu mai pienamente unito, poiché esistevano le eresie. La Chiesa di Stato dell'Impero romano, poi Chiesa Ortodossa Orientale, non rappresentò mai tutti i Cristiani dell'Impero. Il Nestorianesimo, eresia del patriarca di Costantinopoli del V secolo Nestorio, si staccò dalla chiesa imperiale portando alla formazione dell'odierna Chiesa assira d'Oriente. Un ulteriore scisma accadde quando le Chiese ortodosse orientali si staccarono dalla Chiesa imperiale non avendo accettato le dichiarazioni del Concilio di Calcedonia. Oltre a queste Chiese secessioniste, esistevano numerose altre eresie (come l'Arianesimo) al principio dell'Impero, sebbene al tempo della caduta di Roma (V secolo) l'Arianesimo fosse per lo più limitato ai popoli germanici dell'Europa occidentale. Comunque, nel tardo periodo bizantino, l'Ortodossia Orientale rappresentava la maggioranza dei Cristiani dell'Impero. Gli Ebrei erano una significativa minoranza religiosa nell'Impero. Nonostante fossero in taluni periodi perseguitati, essi erano generalmente tollerati, sebbene, a partire dal 70, fossero costretti a pagare una tassa speciale.

Con il declino di Roma, e i conflitti con gli altri patriarcati orientali, la Chiesa di Costantinopoli divenne, tra il sesto e l'XI secolo, il centro del Cristianesimo più ricco e più influente.[68] Anche quando l'Impero venne ridotto a solo un'ombra di quello che era una volta, la Chiesa, come istituzione, non aveva mai esercitato così tanta influenza sia dentro che fuori i confini imperiali. Secondo Georg Ostrogorsky: il Patriarcato di Costantinopoli rimase il centro del mondo ortodosso, con diocesi metropolitane subordinate e arcivescovati in Asia Minore e Balcani, ora persi da Bisanzio, come anche nel Caucaso, Russia e Lituania. La Chiesa rimase l'elemento più stabile dell'Impero bizantino.[69]

Arte e letteratura[modifica | modifica wikitesto]

Miniature del VI secolo (tratte dai Vangeli di Rabbula) mostrano la natura astratta e simbolica dell'arte bizantina.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Arte bizantina, Letteratura bizantina e Abbigliamento bizantino.

L'arte bizantina è quasi interamente a tema religioso. Le forme bizantine si diffusero per commercio e per conquista in Italia e in Sicilia, dove esse persistettero in forma modificata fino al XII secolo, ed ebbe influenze formative sull'arte rinascimentale italiana. Grazie all'espansione della Chiesa Ortodossa Orientale, le forme bizantine si diffusero anche nell'Europa orientale, come ad esempio la Russia.[70] Influenze dell'architettura bizantina, particolarmente negli edifici religiosi, possono essere trovate in diverse regioni dall'Egitto e l'Arabia alla Russia e alla Romania.

Nella letteratura bizantina si intrecciano quattro elementi culturali diversi: quello greco, quello cristiano, quello latino, e quello orientale. La letteratura bizantina è spesso classificata in cinque settori: opere storiche e annalistiche, opere enciclopediche (come quelle del Patriarca Fozio, Michele Psello, e Michele Coniata, considerati i più grandi enciclopedisti che Bisanzio abbia mai avuto) e saggi, e poesie secolari (l'unica genuina epica eroica dei Bizantini è il Digenis Acritas). I rimanenti due settori sono: la letteratura ecclesiastica e teologica, e la poesia popolare. Dei circa 2.000-3.000 volumi di letteratura bizantina sopravvissuti, solo 330 riguardano la poesia secolare, la storia, la scienza e la pseudo-scienza.[71] Mentre il periodo più florido per la letteratura secolare bizantina va dal IX al XII secolo, la sua letteratura religiosa (sermoni, libri liturgici e poesie, opere teologiche, trattati devozionali ecc.) si sviluppò molto prima: il rappresentante di questo genere più preminente fu Romano il Melode, vissuto ai tempi di Giustiniano.[72]

Governo e burocrazia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Burocrazia bizantina.

Nello Stato bizantino, l'Imperatore era un monarca assoluto, la cui autorità veniva considerata di origine divina.[73] Il Senato cessò di avere una reale autorità politica e legislativa ma rimase come un concilio onorario con membri titolari. Dalla fine dell'ottavo secolo, un'amministrazione civile centrata sulla corte fu formata come parte di un consolidamento a larga-scala del potere nella capitale (l'ascesa dei sacellari è relativa a questo cambiamento).[74] La riforma più importante di questo periodo è l'istituzione dei temi (themata, θέματα), in cui l'amministrazione civile e militare è esercitata da una sola persona, lo strategos.[73]

I themata c. 650.
I themata c. 950.

Nonostante l'occasionale uso derogatorio del termine "bizantino", la burocrazia bizantina in realtà mostrò nel corso dei secoli una grossa abilità a riadattarsi alla situazione dell'Impero. Il sistema di titolatura e precedenza bizantino rende l'amministrazione imperiale una burocrazia ordinata ai moderni osservatori. Gli ufficiali erano disposti in ordine rigoroso intorno all'Imperatore, e dipendevano dalla volontà imperiale per il loro rango. Vi erano anche veri lavori amministrativi, ma l'autorità poteva venire assegnata agli individui e non alle cariche.[75]

Nel VIII e IX secolo, il servizio civile costituiva il percorso privilegiato per gli individui di rango aristocratico, ma, a partire dal IX secolo, l'aristocrazia civile dovette subire la rivalità con l'aristocrazia nobiliare. Secondo alcuni studiosi di governo bizantino, la politica dell'XI secolo fu dominata dalla competizione tra l'aristocrazia civile e militare. Durante questo periodo, Alessio I intraprese delle importanti riforme amministrative, tra cui la creazione di nuove dignità e cariche di corte.[76]

Diplomazia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Diplomazia bizantina.

Dopo la caduta di Roma, la sfida, chiave per Bisanzio, era mantenere delle relazioni con gli stati confinanti. Quando queste nazioni crearono le proprie istituzioni politiche, prendevano spesso a modello Costantinopoli. La diplomazia bizantina ben presto riuscì ad attirare i suoi vicini in una rete di relazioni internazionali tra Stato e Stato.[77] Tale rete riguardava il fare trattati e l'accoglimento di un nuovo regnante nella famiglia dei re, oltre all'assimilazione dei valori e delle istituzioni bizantine.[78] Laddove gli scrittori classici facevano distinzioni etiche tra pace e guerra, i Bizantini consideravano la diplomazia una forma di guerra combattuta con altri mezzi.[79] Per esempio, un eventuale minaccia bulgara poteva essere affrontata fornendo denaro ai Rus di Kiev.[79] La Chiesa Ortodossa mantenne inoltre una funzione diplomatica e la diffusione della professione ortodossa era un obbiettivo diplomatico fondamentale per l'Impero.

La Diplomazia all'epoca aveva anche una funzione di raccogliere informazioni segrete oltre alla sua funzione puramente politica. Il Bureau dei Barbari a Costantinopoli aveva il compito di registrare ogni informazione riguardante i "Barbari", ed era, forse, una sorta di servizi segreti dell'epoca.[80] J.B. Bury riteneva che l'ufficio supervisionava tutti gli stranieri visitanti Costantinopoli, e che erano sotto la supervisione del Logoteta del Corso.[81] Anche se alla superficie la sua funzione principale era assicurarsi che gli inviati stranieri fossero trattati adeguatamente e ricevessero abbastanza fondi statali per il loro mantenimento (venivano assunti inoltre degli interpreti), aveva chiaramente anche una funzione di sicurezza. Nello Strategikon, del VI secolo, si legge: "[Gli inviati] che vengono inviati a noi dovrebbero essere ricevuti con onore e generosità [...]. I loro assistenti, tuttavia, dovrebbero essere tenuti sotto sorveglianza per impedire che ottengano informazioni ponendo delle domande al nostro popolo."[82]

I Bizantini si servivano di varie tattiche diplomatiche. Per esempio, spesso i Bizantini trattenevano nella capitale membri di dinastie reali estere per anni, non solo come potenziali ostaggi, ma anche come utili pedine nel caso le condizioni politiche dello Stato da dove venivano fossero cambiate. Un'altra tattica fondamentale era sopraffare i visitatori con sontuose esposizioni.[77] A dire di Dimitri Obolensky, la preservazione della civiltà nell'Europa orientale è dovuta all'efficacia e alla pienezza di risorse della diplomazia bizantina, che resta uno dei contributi più duraturi di Bisanzio alla storia dell'Europa.[83]

Lingue[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Greco bizantino.
La divisione dell' impero romano alla morte di Teodosio I, l' impero romano d'Oriente (in viola) andò al primogenito Arcadio, l' impero romano d'Occidente (in rosso) andò al secondogenito Onorio.

Latino[modifica | modifica wikitesto]

Fino agli inizi del VII secolo il latino fu la lingua ufficiale dell'Impero e idioma d'uso della massima parte degli abitanti delle province danubiane poste sotto sovranità bizantina (Mesia inferiore, Mesia superiore, Dacia Ripuaria, ecc.). Nel basso Danubio (Scitia) erano diffuse sia il latino che il greco.[84] Nel resto dei Balcani il latino era in uso nella zona costiera della Praevalitana, del Novo Epiro[85] e in gran parte della Macedonia settentrionale. Da quest'ultima Provincia provenivano gli imperatori Giustino I e Giustiniano, entrambi di madrelingua latina. Era anche la lingua più parlata nelle province africane riconquistate da Giustiniano (533), nella Spagna bizantina, nell'Esarcato d'Italia ed ebbe una certa diffusione nella stessa Costantinopoli, la cui fondazione aveva portato «...la solennità dello Stato romano nel centro del mondo greco»[86]. Fu inoltre la lingua della corte imperiale fino a quando questa si mantenne legata ai militari[87] che avevano tale idioma come unica lingua d'uso. Così «...il latino si perpetuò a Costantinopoli come una cosa naturale, come un elemento della maestosa facciata di un impero mondiale»; del resto «...anche per un greco il latino era sempre stata la lingua che esprimeva la maestà dello Stato...».[88]

Con l'invasione degli Slavi, Avari e Proto-bulgari nei Balcani a partire dal VI secolo, la latinità delle province danubiane e balcaniche entrò in un irreversibile processo di decadenza mentre la perdita della maggior parte d'Italia, occupata dai Longobardi fra il 568 e il 576 circa, provocava un brusco ridimensionamento della componente latina, o latinofona, all'interno dell'Impero. Sempre nel VI secolo, a seguito di un processo iniziato dopo l'estinzione della dinastia teodosiana in Oriente, l'esercito romano, in quanto forza politica, era stato sostituito da una casta di alti funzionari e burocrati. Fu tale casta ad esprimere imperatori come Anastasio I Dicoro e Giustiniano, mentre i latini propriamente detti si erano andati estinguendo nel corso del V secolo..».[87]

Nel VI secolo, tuttavia, a Costantinopoli era ancora presente una cultura latina di alto profilo accanto a quella greca, propria delle parti orientali dell'impero ed erede dell'ellenismo. Il latino era utilizzato nella ricerca storica (basti pensare al celebre Iordanes) e dominava non solo in campo giuridico (Codice giustinianeo, che andava a sostituire il Codice Teodosiano, promulgato circa un secolo prima), ma anche in campo linguistico: la monumentale grammatica latina redatta da Prisciano di Cesarea fu la più diffusa in Europa e in Asia, insieme a quella di Elio Donato, durante tutta l'età medioevale. Ancora in pieno VI secolo, costituiva un vanto, per l'imperatore Giustiniano, essere di madrelingua latina,[89] anzi, secondo lo storico Peter Brown «..si ha l'impressione che a Costantinopoli, e non nel villaggio natio, Giustiniano imparasse ad apprezzare il latino come lingua imperiale».[90]

Ricordiamo infine che nella prima età bizantina il latino contribuì ad arricchire, con un gran numero di termini, il lessico della koinè greca (Κοινὴ Ἑλληνική) soprattutto in ambito amministrativo, legale, fiscale e militare. Nell'estratto di un documento ufficiale del 449, redatto in greco, la quasi totalità dei termini utilizzati sono latini.[91]

Greco e altri idiomi[modifica | modifica wikitesto]

Il Salterio Mudil, il più antico salterio completo in lingua copta ( Coptic Museum, Egitto, Cairo copta)

Il greco, fin dal IV secolo a.C. si era ampiamente diffuso nelle terre bagnate dal Mediterraneo orientale come lingua d'uso, di cultura (arti, filosofia e scienza) e del commercio e tale rimase durante tutta la dominazione romana.[92][93][94] In campo religioso divenne anche la lingua comune della Chiesa cristiana nei suoi primi secoli di vita. I romani non ostacolarono, anzi, favorirono lo sviluppo di una cultura ellenizzante non solo nelle regioni tradizionalmente ellenofone, ma anche nell'Occidente latino e nella stessa Roma. Molti storici e letterati di cultura ed espressione elleniche, d'altra parte, subirono il fascino della romanità e ne acquisirono l'ideologia, i valori e, talvolta, ne adottarono la lingua stessa (basti pensare ad Ammiano Marcellino e Claudiano). Nel secolo che seguì il crollo dell'Impero romano d'Occidente, la lingua greca andò tuttavia acquistando nell'Oriente romano una chiara preminenza su quella latina non solo come lingua d'uso (che aveva del resto sempre avuto), ma anche nella pubblica amministrazione e negli ambienti ufficiali legati alla corte imperiale. Una corte, come si è visto precedentemente, sempre più sostenuta da un nutrito gruppo di funzionari e burocrati e non più dai militari romani. Solo nell'amministrazione della giustizia e nell'esercito continuò ad utilizzarsi ampiamente il latino. Negli ultimi decenni del VI secolo i tempi erano ormai maturi per l'ascesa del greco come lingua ufficiale dell'Impero in sostituzione del latino.

Fu sotto il regno di Eraclio I (610-641) che la koinè greca si impose anche come lingua ufficiale dell'Impero. Il greco divenne in tal modo anche l'idioma impiegato, in forma pressoché esclusiva, nella Chiesa d'Oriente e nella terminologia politica ed amministrativa: le vecchie province divennero altrettanti thema, il governatore stratega e l'imperatore stesso venne indicato con il titolo greco di basileus. La trasformazione fu facilitata dalla definitiva perdita di gran parte dei territori non ellenofoni e in particolare quelli di lingua copta, siriaca ed ebraica a seguito delle conquiste degli Arabi del VII secolo. Nell'Oriente romano il latino colto cadde rapidamente in disuso tra i ceti colti,[95] mentre il latino volgare, in continuo arretramento nelle regioni balcaniche a vantaggio degli idiomi slavi, fu tollerato solo nell'Italia bizantina rimanendo comunque una lingua minoritaria dell'Impero. Riuscì tuttavia a dar vita, presso le popolazioni romane della Tracia alla lingua (Proto-) Rumena.[96] Allo stesso modo si formò un'altra lingua neo-latina vernacolare sulla costa del Mar Adriatico; tale lingua si sarebbe successivamente evoluta nella lingua dalmata. Nell'Italia bizantina, il latino (successivamente evolutosi nell'italiano) continuò ad essere utilizzato sia come lingua scritta (amministrativa e di cultura) che come lingua d'uso dalla massima parte della popolazione.

Lingue parlate nell'Impero d'Oriente al tempo di Giustiniano.

Molte altre lingue erano parlate in questo impero multi-etnico, come, all'inizio del medioevo, il siriaco e aramaico, che erano usate largamente dalle classi istruite delle province della Siria e della Palestina.[97] Allo stesso modo il copto, armeno, e georgiano erano parlate rispettivamente da Egiziani, Armeni e Georgiani.[98] Successivamente contatti con nazioni estere resero lo slavo, Vlach, e arabo delle lingue importanti per l'Impero.[99]

Inoltre, poiché Costantinopoli era uno dei centri di commercio più importanti del Mediterraneo e non solo, molto probabilmente vi si parlavano tutte le lingue più diffuse nel mondo medioevale, persino il cinese.[100] Solo quando l'Impero iniziò a declinare definitivamente, riuscì a raggiungere una maggiore omogeneità etnica e linguistica e il greco divenne parte integrante dell'identità collettiva dei suoi abitanti.[101]

Se alla vigilia dell'espansione araba del VII secolo l'impero d'Oriente era ancora uno Stato estremamente composito, con Greci, Italiani, Valacchi (popolazione balcanica di lingua romanza), Armeni, Ebrei, Egizi, Siriani, Illiri, Traci, Slavi, dopo il 650 circa attenuò tale eterogeneità culturale, pur mantenendo sempre un carattere multietnico (si diceva che nella sua capitale si parlassero tutte le settantadue lingue del mondo). La civiltà greco-romana continuò ad irradiare da alcuni centri che erano stati già culla dell'ellenismo, ma altri importanti poli culturali, come Antiochia e Alessandria d'Egitto, vennero definitivamente persi. Costantinopoli continuò ad essere tuttavia, fino agli inizi del XIII secolo, il massimo emporio euroasiatico e la città di gran lunga più ricca e popolosa del suo tempo, custode dell'eredità culturale classica e orgogliosa di rappresentare un impero le cui istituzioni civili e i cui valori ideali informavano ancora di sé la storia dell'umanità.

Eredità[modifica | modifica wikitesto]

Re Davide vestito da imperatore bizantino. Miniatura tratta dal salterio di Parigi.

In qualità di unico Stato stabile a lungo termine dell'Europa medioevale, Bisanzio isolò e protesse l'Europa occidentale da nuove emergenti forze provenienti dall'Oriente. Costantemente sotto attacco, separava l'Europa occidentale dai Persiani, Arabi, Turchi Selgiuchidi, e per un breve periodo, gli Ottomani. Le guerre arabo-bizantine, per esempio, potrebbero essere state, a dire di alcuni storici, un fattore chiave dietro l'ascesa di Carlo Magno,[102] oltre a uno stimolo allo sviluppo del feudalesimo e all'autosufficienza economica.

Per secoli, gli storici occidentali hanno utilizzato i termini bizantino e bizantinismo come sinonimi di decadenza, doppiezza e burocrazia complessa, e vi era da parte loro un giudizio molto negativo sulla civiltà bizantina e sui suoi influssi nell'Europa sudorientale.[103] Bizantinismo fu definito in generale come un insieme di idee religiose, politiche e filosofiche opposte a quelle dell'Occidente.[104] Nel XX e nel XXI secolo, tuttavia, il carattere complesso della civiltà bizantina ha ricevuto, da parte degli storici occidentali, un'attenzione maggiore e un trattamento più obbiettivo che in precedenza con il risultato che la civiltà bizantina è stata rivalutata.[104]

L'Impero bizantino giocò un ruolo importante nella trasmissione della conoscenza classica al mondo islamico. La sua influenza più duratura, comunque, rimane la sua Chiesa. Il lavoro dei primi missionari bizantini diffuse la cristianità ortodossa tra le varie popolazioni slave, ed è ancora predominante tra queste e tra i greci. Le date di inizio e fine dell'indipendenza della capitale, 395 e 1453, vennero originariamente usate per definire i limiti temporali del Medioevo.

La vicenda dell'Impero della città del Bosforo, lungi dall'essere un evento lontano e dimenticato appare come importante chiave di lettura dell'attualità.

I membri della guardia presidenziale greca portano una gonna con 400 pieghe, simbolo dei 400 anni di sottomissione turca del territorio greco iniziati proprio con la caduta di Costantinopoli; l'entrata in Europa della Turchia, di cui fa parte tuttora Istanbul, è argomento di dibattito sui quotidiani; la frattura fra le chiese ortodosse e quella romana rimane una questione aperta e il Patriarca di Costantinopoli resta tuttora il "primo fra pari" della Chiesa ortodossa orientale ed è riconosciuto come unico patriarca di Costantinopoli anche dalla Chiesa cattolica, come ai tempi dell'Impero, nonostante la difficile realtà delle antichissime comunità cristiane del Medio Oriente.

Se sommiamo l'esistenza dell'Antico impero romano (incluso l'Impero romano d'Occidente) con quella dell'Impero romano d'Oriente/bizantino, l'intero Impero romano è esistito per 1480 anni. Il predecessore dell'Impero romano, la Repubblica romana, esistette per 482 anni, di conseguenza lo Stato romano (esclusa la monarchia) è durato 1962 anni, o circa 100 generazioni. E se a questi aggiungiamo i 244 anni di esistenza della monarchia romana, il totale aumenta a 2206 anni.

Da considerare anche che potenze come la Repubblica di Venezia, lo Stato Pontificio di Roma, Napoli e Gaeta erano province bizantine che hanno ottenuto una certa autonomia (Venetikà e Ducato di Venezia, Esarcato d'Italia, Pentapoli bizantina, Ducato di Napoli ecc).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cyril Mango, op. cit., p. 28 e nota
  2. ^ Fox, What, If Anything, Is a Byzantine?
  3. ^ "Hellas, Byzantium". Encyclopaedia The Helios
  4. ^ Ad esempio la Cronaca dell'ispanico Giovanni di Biclaro (fine VI secolo) utilizza il termine Romani per riferirsi ai Bizantini. Paolo Diacono (fine VIII secolo), invece, utilizza sia il termine Romani sia il termine Greci per riferirsi ai Bizantini.
  5. ^ N. Bergamo, Costantino V imperatore di Bisanzio, p. 96.
  6. ^ Il mondo bizantino, I, p. 22.
  7. ^ Il mondo bizantino, I, p. 86.
  8. ^ Michael Grant, Gli Imperatori Romani, Roma, Newton & Compton editori, 1994, p. 360. ISBN 88-541-0202-4
  9. ^ Ostrogorsky, p. 48.
  10. ^ AA.VV. Il mondo bizantino, I, pp. 22-23.
  11. ^ Heather 2005, pp. 464-467.
  12. ^ Heather 2005, pp. 467-468.
  13. ^ a b Il mondo bizantino, p. 25.
  14. ^ Heather 2005, p. 488.
  15. ^ «Costante politica degli Augusti d'Oriente, da Arcadio in poi, fu il condurre da una parte una politica di buon vicinato con i regni barbarici che si andavano formando a nord-ovest e a ovest, ma dall'altra anche liberarsi al tempo stesso progressivamente della loro presenza entro i confini della Pars Orientis, regolarmente incoraggiando le genti che premevano ai suoi confini settentrionali (Goti, Unni, Gepidi, Longobardi) a indirizzarsi verso la Pars Occidentis». Cit. da: Franco Cardini e Marina Montesano, Storia Medievale, Firenze, Le Monnier Università/Storia, 2006, p. 92
  16. ^ Cardini-Montesano, cit., p. 92.
  17. ^ Georg Ostrogorsky, op. cit., p. 58
  18. ^ a b Georg Ostrogorsky, op. cit., p. 66
  19. ^ Franz Georg Maier, op. cit., p. 191
  20. ^ Franz Georg Maier, op. cit.p. 190
  21. ^ Cit. da Georg Ostrogorsky, op. cit., p. 66
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  87. ^ a b Peter Brown, op. cit., p. 111
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